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Scatta la caccia ai cristiani Al Qaeda: "Tregua finita, sono dei bersagli legittimi"

Nel mirino i cristiani e le loro chiese. L'ala irachena di Al Qaida ha affermato che i cristiani sono bersagli legittimi dopo lo scadere dell'ultimatum che ingiungeva alla chiesa copta di liberare due donne.  Appello dell'arcivescovo di Baghdad: "L'Europa ci aiuti"

Scatta la caccia ai cristiani 
Al Qaeda: "Tregua finita, 
sono dei bersagli legittimi"

Bagdad - Al Qaida apre la caccia al cristiano. L'ala irachena di Al Qaida ha affermato che i cristiani sono da ora in poi bersagli legittimi, dopo lo scadere dell'ultimatum in cui ingiungeva alla chiesa copta di liberare due donne. Lo riporta il centro americano di monitoraggio sui siti integralisti. Nel rivendicare l’attacco di domenica a una chiesa a Bagdad, lo Stato islamico d’Iraq aveva dato 48 ore alla Chiesa copta d’Egitto per liberare due cristiane che diceva convertite all’Islam e ’imprigionate in monasterì egiziani.

Nel mirino tutti i cristiani e le loro chiese Questo messaggio fa seguito a quello diffuso due giorni fa nel quale si rivendicava l’attacco contro la chiesa di Baghdad di domenica
scorsa, dove sono morte 52 persone,e si chiedeva alla chiesa copta egiziana di rilasciare due donne egiziane, Camilia Chehata e
Wafa Constantine, mogli di sacerdoti copti trattenute in un convento contro la loro volontà dopo essersi convertite all’Islam. Al-Qaeda
conferma quindi che tutti i cristiani e le loro chiese sono divenuti "obiettivi legittimi" del gruppo terroristico e sono quindi in pericolo

L'escalation di attentati Le minacce del gruppo iracheno di Al Qaida piombano in particolare sulla città di Minya, con una forte presenza copta e che già in passato ha conosciuto violenze intersettarie. Capitale dell’omonimo governatorato nell’alto Egitto, a 300 chilometri a sud del Cairo, Minya è al 50% copta ed è la città di provenienza di Camelia, moglie di un prelato copto , che insieme a Wafaa, è il motivo addotto dai qaidisti per le loro minacce all’Egitto. L’episodio più grave è avvenuto quest’anno, il 6 gennaio, vigilia del natale copto, quando sei fedeli sono stati uccisi all’uscita dalla messa a Nagaa Hamadi, a sud di Minya. Ma fra il 2008 e il 2009 la tensione fra copti e musulmani è andata crescendo, culminando in episodi di violenze contro monasteri e proprietà di cristiani, spesso per motivi banali. Il primo giugno 2008, in un scontro a fuoco fra i monaci del convento Abu Fana ed un gruppo di cittadini musulmani nel corso di una lite per un appezzamento di terreno che circonda il monastero, un uomo è morto e due monaci sono rimasti gravemente feriti. Il 4 ottobre dello stesso anno un cristiano è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco durante scontri fra giovani copti e musulmani nel villaggio di Tayeba.

L'arcivescovo di Bagdad: l'Europa ci aiuti "Chiediamo all’Europa che si occupi dei cristiani in Medio Oriente. Vogliamo mantenere la nostra presenza cristiana in questo Paese, che è molto significativa: il cristianesimo si è diffuso qui fin dai primi secoli". È l’appello di monsignor Athanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Baghdad. Ai microfoni di Radio Vaticana, Matoka ha spiegato che "i cristiani si domandano ora come poter restare in un Paese che tratta così i cristiani" anche se "la Chiesa incoraggia i fedeli a rimanere". Spiegando la difficile situazione in Iraq per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, l’arcivescovo ha aggiunto che "anche tra di loro ci sono conflitti. E noi come cristiani non abbiamo alcun problema con gli altri. I cristiani non hanno mai fatto niente contro nessuno. Perchè li attaccano allora?", si è chiesto.

Per ragioni "ideologiche, politiche o religiose: noi non sappiamo - ha replicato - ma viviamo in un clima che non è certo tranquillo".  

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