Scherzo Usa a un governo vanaglorioso

Francesco Damato

Sono curioso di vedere quanto tempo impiegheranno le componenti estreme e determinanti della sinistra italiana al governo per rendersi conto che l’impronta degli americani e degli israeliani sulla nuova edizione della missione dell’Onu in Libano alla fine è risultata maggiore di quanto esse fossero state indotte a credere dalle «svolte» annunciate dal presidente del Consiglio, ma soprattutto dal ministro degli Esteri. Che ha gestito la vicenda con un misto di spavalderia e d’improvvisazione pari a quelle dimostrate alla guida della sua barca uscendo a vele più o meno spiegate dai porti delle sue vacanze, peraltro negli stessi giorni di vento in cui per telefono egli teneva i contatti con le altre cancellerie e si lasciava intervistare dai giornali. Ne sanno qualcosa i proprietari dei natanti rimasti danneggiati e le capitanerie intervenute per rimediare agli inconvenienti che ci sono stati gustosamente raccontati prima da Paolo Bracalini e poi da Mario Giordano.
Le componenti di sinistra che attribuiscono abitualmente agli americani e agli israeliani la responsabilità di tutti i guai del mondo si sono particolarmente inorgoglite all’annuncio di Prodi e D’Alema che il comando della nuova edizione della missione dell’Onu avrebbe potuto essere affidato all’Italia per il credito recuperato nel mondo arabo dopo le scelte filoamericane dei governi di Berlusconi.
Il deputato di Hezbollah che aveva pochi giorni prima accompagnato a braccetto il nostro ministro degli Esteri nella visita ai quartieri di Beirut danneggiati dai bombardamenti israeliani, Hussein Haji Hassan, dichiarava compiaciuto il 19 agosto all’inviato del Corriere della Sera: «Sappiamo che l’Italia è un Paese amico. Apprezziamo gli sforzi per la pace di Prodi e D’Alema. Siate certi che i vostri soldati non corrono alcun rischio con Hezbollah nel Libano meridionale». Dove i caschi blu dell’Onu dovrebbero aiutare l’esercito libanese a disarmare appunto Hezbollah, che però si è proposto di nascondere meglio le sue armi per usarle ancora contro Israele.
Quando gli americani e gli israeliani, pur non partecipi della missione, hanno sostenuto l’ipotesi del comando italiano la sinistra antagonista ha continuato a prendere traveggole ritenendo che fosse solo il frutto di una irresistibile forza politica acquisita dal nostro governo. Essa non ha capito che quel sostegno diplomatico era strumentale al tentativo, che è poi riuscito, di riattivare l’orgoglio dei francesi. I quali in effetti hanno aumentato il loro impegno in uomini e mezzi conservando il comando «operativo» della missione sino a febbraio, quando lo passeranno agli italiani per assumere il comando «strategico» nella sede dell’Onu. Dove per ora andrà un nostro generale che, a differenza di quello francese che lo sostituirà, non può contare sulla presenza del proprio Paese fra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.
La delusione di Hezbollah è stata così espressa il 27 agosto dal ministro libanese Trad Hanj Hamadè: «Devo confessare che noi abbiamo una leggera preferenza per gli italiani. Non ci piace la tradizionale politica francese d’interferenza negli affari interni libanesi». Ricordiamoci che furono ben 58 i paracadutisti francesi di un’altra forza multinazionale in Libano assassinati in un attentato il 23 ottobre 1983 da un gruppo terroristico di cui Hezbollah è da molti considerato un epigono.

La Francia potrà fargli perciò meno sconti dell’Italia di Prodi e D’Alema.

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