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Scommesse, c'è anche il Napoli Le intercettazioni dei Cannavaro

Il filone napoletano dell'inchiesta sul calcio scommesse mette nel mirino alcune partite del Napoli. Ma i due fratelli Cannavaro, intercettati, sono estranei all'inchiesta. Da Cremona ecco i nomi delle big su cui si indaga: Genoa, Roma, Fiorentina, Cagliari e Lecce. Ma finora rischia solo l'Atalanta. Bufera al Siena: "Pagò il Sassuolo". Il ministro Maroni lancia una task force per stanare i colpevoli

Scommesse, c'è anche il Napoli 
Le intercettazioni dei Cannavaro

Gian Marco Chiocci - Simone Di Meo

Per due volte i carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, in provincia di Napoli, mentre indagano sui bookmaker della camorra ascoltano la voce di Fabio e Paolo Cannavaro, il primo capitano della nazionale campione del mondo, il secondo del Napoli. In entrambi i casi, i fratelli parlano con il loro procuratore Enrico Fedele, la cui utenza telefonica è stata messa sotto controllo dalla Dda partenopea nell’ambito di una inchiesta sul calcioscommesse gestito dal potente clan degli Scissionisti, inchiesta – è bene ribadirlo – in cui i due fratelli non sono coinvolti. L’informativa dei militari – che contiene anche la trascrizione di numerose telefonate di padrini e guappi che puntano dai 1000 ai 15mila euro sulle partite truccate – è stata consegnata nell’agosto scorso al procuratore federale Stefano Palazzi con l’indicazione di due match molto dubbi (Andria-Real Marcianise ed Empoli-Salernitana) e di sei squadre considerate a rischio: Modena, Ancona, Crotone, Salernitana, Real Marcianise e Andria. Nel dossier dei militari di Castello di Cisterna sono annotate, però, anche tre partite del Napoli (Napoli-Cagliari, Chievo-Napoli e Napoli-Parma) che, pur non presentando alcun profilo di illecito penale, sono state comunque segnalate alla procura federale della Figc per eventuali illeciti sportivi.

Nel primo colloquio (che risale al 25 aprile 2010, in occasione della 35esima giornata di campionato di serie A), è Fabio Cannavaro a contattare Fedele per chiedergli aggiornamenti sulle possibilità per il club azzurro, reduce da uno striminzito pareggio in casa con il Cagliari, di entrare in Europa League. Cannavaro: «Il Napoli come ha giocato?». Fedele: «Eh… si è fatto male Lavezzi dopo 10 minuti, ed è finita, la difesa è bene, Paolo molto bene… ma davanti… Marchetti (portiere del Cagliari, ndr) ha fatto un paio di miracoli, però il Napoli, ha giocato sotto ritmo…». C: «Eh… ma pure noi direttore… un caldo esagerato… il primo tempo…». F: «Tanto meno, la vittoria vi mette un po' di tranquillità». C: «Eh… sì». F: «Il meglio poi, il Napoli, pure pareggiando, ha guadagnato un punto sulla settima…». C: «Sì, sì infatti…». F: «Hai capito, mo' domenica va a Chievo… e già è salvo e penso che le cose vanno in un certo modo». C: «Eh… va bene». F: «Va bene, ciao, ciao».

Poco dopo, Enrico Fedele chiama un amico (i carabinieri non riusciranno, però, a identificarlo) col quale si lascia andare a considerazioni tutt’altro che benevole sulla partita col Cagliari, e cioè la scelta – in apparenza incomprensibile – dell’allenatore azzurro Walter Mazzarri di non schierare in campo il bomber Herwin Hoffer, centravanti della nazionale austriaca a quel tempo in prestito al Napoli, nonostante i grossi problemi in attacco e in considerazione dell’importanza del match nel quale i partenopei si sarebbero giocati l’accesso alla Champions League. Una telefonata particolarmente interessante, per i carabinieri, visto che si parla di «inguacchio». Fedele: «Allora… hai capito… e guarda che la sconfitta, cioè il pareggio di oggi… lascia aperto, cioè ti fa vedere un sacco di cose, noi siamo bravi… a creare dei mostri di qualità… come delle volte a mettere alla incompr… dei giocatori… ma se si vuole andare in Europa, ci vogliono giocatori». Amico: «Certo che ci vogliono i giocatori… ma comunque ti posso dire, al di là di ogni considerazione, ma in Champions è meglio anche a culo, non ci vanno mai, perché se vanno in Champions i tifosi del Napoli piangono». F: «Sì, sì…». A: «Cioè, vanno veramente a fare figure di merda…». F: «Ringraziamo a Dio se vanno settimi, abbiamo guadagnato un punto sul Genoa». A: «Bravo, esatto». F: «Hai capito, mettila così… la partita…». A: «Esatto… se hai visto è stato bello Albino con Mazzarri… perché Mazzarri faceva l'incazzato, e cioè che abbiamo giocato, abbiamo fallito un sacco di goal… porca miseria… sono arrabbiato come un pazzo… dovevamo vincere eccetera… ed Albino faceva la parte dell'allenatore, si però mister… il portiere ha fatto un sacco di parate, ma lei aveva anche tanti infortunati… cioè tutto all'incontrario». F: «Ma perché non ha messo ad Hoffer, poi sulla panchina…». A: «Loro sostengono che… ma a noi non risulta che Hoffer, aveva un problema fisico, ma secondo me…». F: «Mo' chiamo a Paoluccio…». A: «Eh, c'è qualche inguacchio sotto, ma comunque sappiamo che non è così…». F: «Mo' chiamo a Paoluccio». A: «Eh, fammi sapere».

Il «Paoluccio» di cui si parla è Paolo Cannavaro, fratello di Fabio, difensore e capitano del Napoli. Fedele lo contatta subito dopo aver salutato l’amico e gli chiede il perché dell’esclusione dell’attaccante austriaco dalla prima squadra. Enrico Fedele: «Oh…». Paolo Cannavaro: «Direttore». F: «Paoluccio, ma perché Hoffer non è andato sulla panchina?». C: «Direttore, perché il mister non sa a chi deve cacciare ed ha detto metto a questo che tanto non dice niente… il guaglione, hai capito?». F: «Ma stava bene?». C: «Ma non esiste proprio, ma tu tieni una punta e stai in emergenza e non porti nemmeno la punta in panchina…». F: «Bravo…». C: «Che scemità…». F: «Va bene, dai… ok…». C: «Ciao».

Qualche tempo dopo, le intercettazioni si chiudono e l’indagine – nella quale i pm non hanno riscontrato alcun profilo di illecito penale – si esaurisce, passando sotto la competenza della giustizia sportiva. Prima di spegnere i registratori, i militari di Castello di Cisterna fanno però in tempo ad annotare un ultimo sms, definito «ambiguo», che arriva sul telefono cellulare di Enrico Fedele («chiedere indirizzo portiere per invio prosciutti»). Una dimostrazione, l’ennesima, che spesso il mondo pallonaro è popolato da un’umanità così varia e spesso sopra le righe che a volerla catalogare nei rigidi steccati del codice penale si rischia di solo di prendere un palo.

Di tutt’altro tenore, invece, è l’inchiesta Golden Goal che sta facendo luce sui rapporti contaminati tra il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia e frange del calcio professionistico e semi-professionistico. Nell’indagine sono coinvolti l’attaccante sorrentino Cristian Biancone, 33 anni, zingaro del pallone di B e C, e il compagno di squadra Vitangelo Spadavecchia, ex portiere prodigio dell’Under 20; per l’accusa avrebbero aggiustato la partita Juve Stabia-Sorrento (finita 1 a 0 per i padroni di casa) su cui la camorra aveva puntato una gigantesca somma di denaro, garantita sia dai 20mila euro scommessi, a sua volta, da Spadavecchia sulla sconfitta della propria squadra sia dal rapporto d’amicizia e d’affari che legava Biancone a un criminale di Castellammare.

Un’amicizia che il bandito spiega così a un amico sott’intercettazione: «Se prende i soldi e poi lo Stabia non vince, dobbiamo solo ucciderlo».

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