Politica

La sconfitta di Bertinotti

Francesco Caruso sta vincendo. Forse anche lui è sorpreso dai consensi che raccoglie e dall'impegno con cui, giorno dopo giorno, non solo il vertice di Rifondazione - ieri ne ha parlato a lungo Franco Giordano - ma anche il ministro del Lavoro Cesare Damiano annunciano di voler neutralizzare la legge Biagi. È vero che ha dovuto autosospendersi dal suo gruppo parlamentare, ma il suo proclama da «disobbediente» ha fatto breccia in una sinistra che ha bisogno di simboli, che non tollera neanche un pizzico di riformismo, come fu il «pacchetto Treu», e per la quale la parola flessibilità, non solo nel mercato del lavoro, equivale a un crimine.
Così, nel grande disordine che segna il governo dell'Unione, se Caruso vince a perdere sono in primo luogo coloro che si erano illusi di costituzionalizzare il movimento new global e di amalgamarlo, sul terreno elettorale e su quello politico, alle altre forze che si sono assunte la responsabilità di guidare una società occidentale moderna. Penso in primo luogo a Fausto Bertinotti e al suo disegno ambizioso di correggere l'utopia, di rifondare il comunismo in un progetto basato sulla non-violenza e sulle categorie più temperate del socialismo, buttando nella discarica Lenin e il peso di una tradizione fallita. Questo voleva fare il presidente della Camera: portare le culture e i movimenti dell'antagonismo nelle istituzioni, certo per farli pesare negli equilibri della maggioranza, ma «educandoli» alla responsabilità. E questo era piaciuto agli alleati dell'Unione, non solo per i voti in più raccolti, ma anche perché l'operazione avrebbe potuto disinnescare quelle contestazioni di piazza, quella gauche, che le sinistre di governo hanno sempre sofferto. Nella storia delle democrazie, costituzionalizzare le spinte estremiste è sempre stato un fattore positivo, di stabilità. Dal 1945 in poi, solo restando in Europa, è già successo più volte in Italia, in Francia, in Germania, in Spagna, nella metà dell'Europa uscita dal comunismo.
Ma il problema si apre nel momento in cui, anziché farsi costituzionalizzare e inglobare negli assetti politici, queste spinte estremiste non rinunciano nemmeno in parte alla propria identità, restano se stesse e riescono a mettere in crisi le forze che invece dovrebbero assicurare la moderazione e garantire il senso di responsabilità necessario all'azione di governo.
Ed è quello che è successo in Italia. Caruso non è oggi un cane sciolto perché ormai da anni, nella sinistra, in tutta la sinistra, tranne poche eccezioni, le leggi sulla flessibilità del mercato del lavoro sono state elette a simbolo negativo, anche da molti di coloro che si accingono all'impresa del Partito democratico. Così come non sono cani sciolti i senatori Rossi e Turigliatto che, sulla missione in Afghanistan, hanno interpretato un senso comune che è stato diffuso senza alcun limite anche dai Ds e dalla Margherita. In altri termini, è successo che anziché costituzionalizzare l'estremismo è stato l'estremismo a de-costituzionalizzare le forze che si presentano come moderate, responsabili e riformiste.
È un fallimento di Rifondazione che costringe Caruso ad autoescludersi, ma che considera ormai una priorità i suoi argomenti. Così come è un fallimento degli amici di Treu che non riescono a difenderne l'onore, mentre annunciano lo smantellamento della legge Biagi.

Sul piano più generale, è comunque un ulteriore fallimento dell'esperienza prodiana e dell'intero centrosinistra, che non riesce a tenere una barra e che è così debole da essere messa in difficoltà da un giovane new global napoletano, erroneamente scelto da Bertinotti come simbolo di un antagonismo capace di governare.
Renzo Foa

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