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Lo scontro sulla giustizia Franchi tiratori nel Pd: Sinistra spaccata sulle toghe

Cresce il fronte rosso anti giudici: tanti voti a favore della responsabilità civile. Ma i vertici negano e accusano l'Idv. Il Pdl sul risarcimento dei giudici: avanti tutta

Lo scontro sulla giustizia Franchi tiratori nel Pd:  Sinistra spaccata sulle toghe

Roma - I conti sono presto fatti: durante il fatidico voto segreto sull’emendamento alla legge comunitaria che sanciva la responsabilità civile per i magistrati, i partiti schierati ufficialmente per il no (Pd, Idv, Terzo polo) contavano su 250 voti, tolti i sei deputati radicali, che avevano esplicitamente appoggiato l’emendamento leghista. Ergo, ci sono stati una quarantina di «franchi tiratori», inevitabilmente anche nel Pd.
I vertici del partito lo negano strenuamente e il responsabile giustizia Andrea Orlando, applicando la regola del «cui prodest», getta il sospetto sull’Italia dei Valori: «Chi ci guadagna di più in questo passaggio è Di Pietro».

La radicale Rita Bernardini, che si è alzata in aula per dichiarare il proprio voto favorevole e ricordare ai compagni di gruppo il clamoroso caso di ingiustizia subito dall’ex presidente Pd della regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco, spiega: «Credo che sia stato proprio quel caso a far riflettere molti, nel Pd. Del Turco è finito in galera, la sua giunta è stata abbattuta per via giudiziaria con accuse che stanno finendo nel nulla: vogliamo che siano i magistrati a decidere chi va governa?».

Quanto alle dure reazioni di Bersani e Franceschini, Rita Bernardini le definisce «ridicole: hanno alzato i toni per coprire una crisi di coscienza che attraversava anche i loro, per timore delle reazioni della magistratura. La norma andrà aggiustata, ma una cosa è certa; se non passava in quel modo, la responsabilità civile non sarebbe mai passata». Non a caso, ricorda, dall’inizio della legislatura le proposte di legge in materia sono state affossate. Che il voto fosse ad alto rischio lo aveva capito subito il segretario del gruppo Pd Roberto Giachetti, che aveva avvertito il presidente Franceschini e la capogruppo in commissione Donatella Ferranti, cercando di convincerli a chiedere un rinvio e a concordare con il governo una formulazione che recepisse il principio della responsabilità: «Dobbiamo concedere qualcosa, altrimenti si va allo scontro e può passare il testo Pini». E al Senato non sarà facile correggerlo, visti i numeri del centrodestra. Ma Franceschini e Ferranti hanno tenuto duro: «Il Pdl ci ha assicurato che voterà no». Un altro radicale, Matteo Mecacci, è stato investito a male parole in aula dalla deputata Pd Cinzia Capano, tanto avversa al principio della responsabilità civile da aver votato contro l’intera legge comunitaria (l’altra punta di diamante del partito dei pm, la Ferranti, si è astenuta, come l’ex responsabile giustizia e magistrato Lanfranco Tenaglia). «È assurdo sostenere, come fa il Pd, che in quel voto si è ricostituita la vecchia maggioranza - ragiona Mecacci - Nei banchi Pdl mancavano 80 deputati, il che vuole dire che non c’è stata alcuna mobilitazione per far passare l’emendamento, e che molti voti sono venuti da Pd e Udc».
Nessuno però lo dichiara esplicitamente. Il casiniano Renzo Lusetti, garantista di lunga tradizione Dc, giurava: «Abbiamo votato compatti come un sol uomo secondo le indicazioni»; ma gli scappava da ridere. L’ex ds Giovanni Lolli si stupiva dello scandalo: «Che anche i magistrati debbano essere responsabili dei loro errori non è una bestemmia: il testo magari è eccessivo, ma il principio è sacrosanto».

Come l’ex Ppi Antonello Giacomelli: il testo sarà pure «cattivo», ma «il principio è giusto». Blindato Ugo Sposetti, da sempre allergico ai giustizialismi: «Come ho votato? Come dice la Ferranti, ovvio», assicurava, espressione impenetrabile. Ma nei banchi del Pd, prima del voto, ci sono state accese discussioni, e c’era chi, come Marco Minniti, ricordava le parole di Luciano Violante sull’Unità. Queste: «Se per Del Turco si è trattato di un errore siamo di fronte ad un errore grave: è finita in carcere una persona innocente, la si è ricoperta di infamia, è caduto un governo regionale. Se alla fine del processo dovesse risultare innocente è chiaro che l’inquirente dovrebbe risponderne.

Direttamente».

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