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"Via lo scudetto 2006? Datemi una sentenza"

Calciopoli tra vendette e legalità. Il presidente federale Abete mette tutti in riga: la Juve, i suoi tifosi e chi vuole infangare la memoria di Facchetti: "Per revocare il titolo dell’Inter, intervenga la giustizia sportiva". Le nuove intercettazioni: Bergamo rassicurava Spalletti

"Via lo scudetto 2006? Datemi una sentenza"

Giancarlo Abete, detto il mite, ha messo in riga tutti, Juve compresa. Tocca al presidente della federcalcio, esauriti i lavori del consiglio federale, fissare i punti cardinali della vicenda calciopoli-due, più mediatica che reale fino a oggi. Per tutti l’appuntamento è fissato all’udienza di martedì prossimo 13 aprile, a Napoli per la quale gli ultrà bianconeri stanno organizzando un presidio: con i suoi legali presenti in aula e parte civile nel processo contro Moggi, la federcalcio non si opporrà all’acquisizione di nuove intercettazioni.

«Il nostro obiettivo è la trasparenza assoluta» il comandamento ripetuto dal presidente, pronto a subentrare sulla scena e a dettare i tempi e i modi del suo intervento con un lungo comunicato. Richiesta patrocinata anche da Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in un intervento alla trasmissione di Radiodue «Un giorno da pecora». «Le storie o non le apri o, se le apri, le vedi fino in fondo» la sua posizione.

Tutti d’accordo, allora: fare luce piena. Perciò Abete ha sottolineato tre messaggi nella sua nota: 1) «Non tiratemi per la giacca, perché non c’è bisogno di chiedere par condicio per le società» questo il monito spedito alla Torino bianconera in risposta alla nota di 24 ore prima; 2) «Rispettate la memoria di Facchetti, perché non può difendersi» l’invito agli esponenti del calcio italiano che a vario titolo hanno tirato in ballo l’ex presidente dell’Inter deceduto nel settembre del 2006, a calciopoli chiusa quindi; 3) l’eventuale decisione di revocare lo scudetto 2006 assegnato a tavolino all’Inter non potrà essere solo politica, c’è bisogno di una “pezza d’appoggio”, cioè di un provvedimento disciplinare della giustizia sportiva insomma.

A margine dei lavori del consiglio federale la notizia più ghiotta della giornata: Abete ha spedito, una settimana fa, richiesta scritta alla Corte federale per sapere quale organo federale potrà prendere in esame la proposta di radiazione di Moggi, rimasta nel cassetto per 4 anni, arrivata con le sentenze di calciopoli. Si sono svegliati tutti, Juve e federcalcio compresa, quindi.

La discesa sul terreno minato della nuova Juve non ha messo a tacere il fronte interno. Luciano Moggi ha scritto una feroce lettera aperta al nipote dell’Avvocato affidata alle colonne di Libero. «Con questo suo inaspettato e tardivo ravvedimento, mi ricorda l’Innominato dei Promessi sposi» il duro attacco dell’ex dg bianconero impreziosito da un altro fendente. «Io e Giraudo siamo stati accusati di comportamenti illeciti in ambito economico-gestionale, smentiti dal giudice. Quell’assoluzione vale per Lei, caro Elkann, come una condanna». Dietro la stoccata di Moggi, c’è sicuramente la regia di Paolo Trofino, legale del dirigente, intervenuto poi personalmente ai microfoni della Rai per far sapere che «il teorema dell’accusa di associazione a delinquere si è sbriciolato» e che il compito di difendere la Juve spetta «ai dirigenti e alla proprietà» e che «è arrivata l’ora della rivalsa morale e processuale».

L’altro fronte aperto è quello di Milano. Massimo Moratti, presidente dell’Inter sotto il tiro delle nuove intercettazioni, ed euforico per la qualificazione in semifinale Champions, ha dedicato una distratta frase all’iniziativa della Juve. «Fatti loro» ha ribadito sulla questione dello scudetto di cartone prima di tornare invece sullo sprint tricolore dei prossimi giorni. «Sarebbe antipatico perdere lo scudetto» il suo monito lanciato anche allo spogliatoio di Appiano Gentile.

«Dobbiamo fare molta attenzione perché ci sono squadre che si sono avvicinate molto» la riflessione di Moratti. Sembra banale, ma suggerisce l’idea di un gruppo stretto tra due-tre fuochi.

Perché venerdì prossimo c’è in cartellone Inter-Juve, con la scelta di vietare l’accesso a San Siro agli juventini.

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