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Lo «scudetto» spaziale Usa

C’è molto di già visto nella tensione russo-americana per il piano Usa di un sistema di difesa antimissile in Polonia e nella Repubblica Ceca. Non tanto i toni da nuova guerra fredda, ma altro, che viene dal profondo della Russia, e di cui Putin si mostra prigioniero, senza visione e attenzione a ben altri rischi: atavica sindrome di accerchiamento malgrado l’estensione su quasi metà del globo, ossessione di russofobia, complesso di odio-amore verso l’Occidente.
Dopo il discorso di Putin a Monaco il 10 febbraio, con l’accusa agli Stati Uniti di mettere in pericolo la pace, di «seria provocazione» alla Russia con l’espansione della Nato e con i piani antimissile, è stato un crescendo da parte dei maggiori esponenti militari: fino alla minaccia di ritiro dal trattato del 1987 sugli euromissili e l’intimidatorio monito a Varsavia e Praga che esse si espongono alla rappresaglia russa. Con quel trattato sono stati eliminati i missili a medio raggio con cui Mosca aveva messo sotto tiro l’Europa a fine anni Settanta, e quelli che la Nato, dopo anni di vani negoziati, aveva in risposta installato. Russia e Stati Uniti conservano missili intercontinentali con cui colpirsi, e segnalando il ritiro dall’intesa del 1987 Mosca indica di voler di nuovo installare quelli a medio raggio.
Quel che gli americani intendono ora realizzare non è lo scudo spaziale ipotizzato da Reagan nel 1983, ma uno «scudetto»: un sistema basato a terra, con radar e una decina di missili per distruggere in volo quelli avversari. Gli Stati Uniti affermano che esso è in funzione dell’Iran, che in futuro potrebbe avere missili di gittata superiore a quelli che ha ora. Per il Cremlino, esso è in funzione del suo arsenale, uno scudo dietro cui ripararsi dopo il primo colpo, come usava dire del progetto di Reagan. Data la quantità e qualità dell’arsenale russo lo «scudetto» non sarà mai in grado di annullarlo, come ben sanno i militari benché facciano la voce grossa, e come alcuni esperti russi indipendenti mettono in risalto: per abbattere un missile, bisogna lanciarne almeno quattro, e se è dotato di strumenti di inganno ce ne vogliono una decina. Tutti quelli del sistema in Polonia. Inoltre le centinaia di missili intercontinentali russi puntati sugli Stati Uniti farebbero rotta sul Polo, e gli intercettatori dovrebbero mettersi, senza successo, al loro inseguimento.
Ciò che dà alla polemica il senso di già visto è la fissazione sul passato, i risentimenti, i veleni, l’ostilità verso la Nato di cui sono intrisi i discorsi di Putin e dei molti che lo riecheggiano. Ma crede davvero il Cremlino che Stati Uniti e Nato vogliano colpire la Russia mettendo a rischio l’intero pianeta?
Le minacce reali per la Russia sono ben altre. Dal groviglio caucasico avanza l’estremismo musulmano: se la Nato dovesse uscire dall’Afghanistan e dalla storia, il fronte islamico dilagherebbe nel centro Asia. Di là dagli Urali, sull’immensità asiatica russa incombe una classica situazione di crisi: a nord un territorio spopolato e ricco di materie prime su cui c’è da sud la pressione di una Cina in sviluppo, sovrappopolata e bramosa di quelle ricchezze naturali.
Ma mentre Mosca ricerca la perduta grandezza imperiale e la riaffermazione internazionale, scattano antichi riflessi e condizionamenti: le minacce vengono da Occidente, trascurando quelle reali da altre direzioni.

Prigionieri del passato.

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