Se gli elettori di sinistra disertano il voto

Se  gli elettori di sinistra disertano il voto

Vittorio Mathieu

Molti si domandano se gli scandali delle «scalate» e di altre operazioni finanziarie, di cui non è nostro compito giudicare la legittimità, influiranno sensibilmente o no sulle elezioni politiche. Chi pensa che l’elettorato si comporti, statisticamente, in modo razionale, cioè traendo le conseguenze dai fatti conosciuti, crede di no; ma i politici, che conoscono meglio l’elettorato, pensano di sì, e lo dimostrano col loro comportamento: a sinistra sono preoccupatissimi, a destra lavorano per sfruttare il successo.
Penso che abbiano ragione i politici. I puri fatti, sia pure alla luce dei principi, determinano solo in parte il comportamento degli elettori. A sinistra, ad esempio, molti sarebbero pronti a votare chiunque e a qualsiasi costo, purché non rimanga al governo Berlusconi, visto come il male assoluto. E a destra una motivazione molto forte per andare a votare, anziché astenersi e così votare per la sinistra, è appunto evitare che il centrosinistra, andando al governo col proposito di accrescere il dirigismo e il drenaggio fiscale, aggravi i mali italiani. A queste motivazioni negative se ne aggiungono, però, altre positive, e appunto queste stanno venendo meno a sinistra, a causa della situazione.
La collusione tra sinistra, alcuni poteri forti e finanza è un fatto noto da tempo, quindi «scoprirlo» non dovrebbe far cambiare idea a chi vota per principio. Che ai gestori delle cooperative rosse stiano più a cuore gli interessi del partito che quelli dei soci dovrebbero saperlo tutti. Dunque, che venga allo scoperto non dovrebbe far cambiare idea a nessuno. Ma non è così. Molte persone in buona fede sono persuase che la sinistra lavori - almeno nel lungo periodo - in favore dei diseredati, dei meno abbienti, sacrificati da un capitalismo «selvaggio». Se si accorgono che il capitalismo di sinistra è «perverso» quanto quello di destra, possono essere indotte ad astenersi dall’andare a votare e a lasciare che le cose vadano per la loro strada. Per questo i politici di sinistra non si limitano a dire «Perché non dovremmo anche noi approfittare del sistema?», ma dicono «Siamo davvero diversi, e chi dice il contrario ci calunnia».
La situazione mi ricorda ciò che avvenne con i fatti d’Ungheria. Io non vedevo nel comportamento dei sovietici nulla che contrastasse con i loro principi; nulla di diverso da ciò che avevano sempre fatto. Simpatizzavo, ovviamente, per gli ungheresi, ma mi sarei meravigliato se i russi li avessero lasciati fare. Eppure tra i comunisti in buona fede non pochi abbandonarono il partito, dimostrando che la loro militanza era dovuta a un equivoco. Alcuni divennero anticomunisti convinti e operanti, altri rimasero nel limbo, ma lasciarono cadere ogni obbedienza pronta e incondizionata. Altri ancora aderirono a un marxismo-leninismo che scavalcava il partito a sinistra ma non lo aiutava più, anzi lo danneggiava.
Oggi la situazione in Italia è in qualche modo analoga, anche se, per fortuna, non circolano i carri armati. C’è chi non voterà mai a destra, quali che siano le difficoltà della sinistra e viceversa. Ma c’è anche chi si sdegna se apprende, ad esempio, che paga anche lui, lavorando, il sussidio di disoccupazione a chi preferisce lavorare in nero. C’è chi scopre davvero per la prima volta che il Pci aveva finanziamenti inconfessati e che, perduti quelli, i suoi eredi si arrangiano come possono. La reazione varierà a seconda del temperamento di ciascuno: da atteggiamenti davvero «reazionari» a una indifferenza accorata e a un dichiarato disgusto.

La conseguenza potrà essere un voto di più a destra, ma anche un non voto, che favorirà l’altra parte.

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