Se l’anticlericalismo si traveste da pacifismo

Al Parlamento europeo nei giorni scorsi è stata presentata una mozione violentemente anticlericale a integrazione della risoluzione contro l’omofobia. A scendere sul piede di guerra alcuni deputati dei Verdi e della Sinistra radicale, con un attacco frontale alla chiesa cattolica e a quella italiana, in particolare, nella figura di monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei, accusato di aver «comparato un progetto di legge (Dico, ndr) a una licenza a commettere atti di incesto e di pedofilia». Notizia non vera, già smentita e smontata, senza bisogno di ulteriori ricami ideologici. Punto e a capo. Ma tant’è, quando si decide di fare la guerra, tutte le armi e tutti i pretesti vanno bene al caso.
Il Ppe ha poi edulcorato un po’ il paragrafo avvelenato della Risoluzione: «Poiché dichiarazioni e atti da parte di leader politici e religiosi hanno un grandissimo impatto sull’opinione pubblica, costoro hanno un’importante responsabilità nel contribuire positivamente a un clima di tolleranza e di uguaglianza».
Sta di fatto che alcuni rappresentanti delle nostre forze al governo hanno sentito il bisogno di un tale affondo. Non siamo più al rifiuto delle radici cristiane dell’Europa, ma più direttamente a un anticlericalismo frontale, che punta allo scontro con la Chiesa e al rifiuto di ogni forma di dialogo. Insomma, l’obiettivo è quello di creare una progressiva demonizzazione, per seminare in tutta Europa la cultura del sospetto, fino a fare del fenomeno religioso il nuovo tabù del ventunesimo secolo. Altro che tolleranza, sfilate per la pace, bandiere tricolore, proclami di dialogo cui ci avevano abituato i sottoscrittori della risoluzione. Un pacifismo, con la guerra nell’animo, pronto a sfilare ad Assisi con preti e frati, tra colombe svolazzanti e rami di olivo, salvo armarsi di mitra e cannoni, quando la posta in gioco non è più la «cattura» elettorale di una fascia di cattolici.
Che la storia stesse prendendo una brutta piega lo si era capito, nei giorni scorsi, dalle reazioni rabbiose apparse sui muri delle nostre città. Contro Ratzinger, Ruini e Bagnasco è scesa in campo la migliore intolleranza, tanto da obbligare le forze dell’ordine a rafforzare le misure di sicurezza, per tutelare la loro incolumità. Un clima di ostilità che, stando a quanto raccontano i più avanti negli anni, evocava certo clima di intimidazione del dopo guerra.
Commentando il 25 Aprile, Prodi ha parlato di un’Italia che sta andando verso la pacificazione. Beato lui che vede il mondo in rosa. E magari ci crede anche. E allora poco male se qualche lobby, che difende lo zero virgola un per cento delle coppie, si scatena contro la chiesa, usando piazza e televisione di Stato come una clava. Del resto è da quando ha preso il potere che il nostro Presidente del Consiglio si va definendo cristiano adulto. Poco importa se nel senso di responsabile o di emancipato. Pacificazione: perfino la fonetica consente un allargamento della bocca in un sospiro benedicente... Poi fa nulla se, su Rai Tre, qualche traboccante conduttore auspica che si ripetano i tempi dei faraoni, quando si massacravano diecimila sacerdoti in un colpo, o che i no global e gli esagitati dei Centri Sociali scendano in piazza per inneggiare alle Brigate Rosse.
Pacificazione, dunque, anche se ciò che accade al Parlamento europeo non va nel senso della diagnosi prodiana. Tra Stato e Chiesa i governi illuminati cercano sempre l’arte della convivenza, alla quale è estraneo tanto il compromesso come la reciproca negazione. Non per evitare i conflitti, ma come riconoscimento della reciproca utilità sociale.


brunofasani@yahoo.it

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