Se un peruviano impara a dire: «Mama, sun anca mi de Milan»

Con i suoi intriganti doppi sensi, le taglienti ironie chiuse in una battuta e un po’ di saggezza in pillole, la parlata meneghina affascina ancora. Sarà per un po’ di nostalgia verso una Milano che non esiste più, per il piacere di riscoprire la propria storia o per l’armoniosità del lessico, ma il vernacolo milanese torna in auge. Almeno in qualche zona della città, come in via Valvassori Peroni, dove su iniziativa del Consiglio di Zona 3 ai banchi siedono scolari incanutiti insieme a giovani signore nate giù giù nello Stivale o addirittura cittadine peruviane.
E in quell’aula, guai a definire il milanese (o meneghino) un «dialetto». «È una lingua a tutti gli effetti - puntualizza il docente del corso Angelo Magni, 68 anni, poeta e scrittore milanese che in meneghino ha tradotto persino Trilussa - perché ha una sua radice Romanza e Latina». Gli allievi seguono le sue lezioni con lo stesso entusiasmo e la stessa passione che egli sa trasmettere e che si traduce semplicemente in un grande amore per Milano. «Quella dei càa de ringhiera, che regordi quand s’eri on bagai (quella delle case di ringhiera, che ricordo quand’ero ragazzo)». Tra i frequentatori del corso, la signora Anna, 61 anni, pensionata con papà milanesissimo, che vi si dedica per curiosità, il signor Giordano, ambrosiano doc, che fa un po’ di ripasso perché con il figlio, 30enne e laureato, si esprime unicamente in vernacolo. Oppure Mario, il quale vanta un bisnonno «brumista» (cocchiere) e che dopo francese, inglese, tedesco e spagnolo, vuole approfondire la lingua della Madonnina per insegnarla al nipotino quattordicenne; così come Enzo, 66 anni, romagnolo a Milano dal 1946, a lezione per poter dialogare in modo fluente con i conoscenti milanesi e Nicole di 67 anni (padre italiano e madre tunisina). Una volontà espressa anche dalla 63enne Rossella, di origine pugliese e con il marito che le dice «Ué terunscéla, adess te parlett el milanes?». A sentire nostalgia per l’antico idioma un tempo fittamente parlato in casa, sono Carlo di 82 anni e Marisa di 63, che finalmente si è sentita dire dalla figlia «Mama, te voeri ben».
Poi arrivano le sorprese, ovvero i «miracoli a Milano». Ad esempio con la pugliese Loredana, 34 anni e in città da dieci, che si è innamorata della metropoli lombarda, delle sue tradizioni e dei suoi usi, fino a voler insegnare il meneghino alla bimba di cinque anni. E infine il raro caso della cinquantenne Maria Piroska Medrano di Cuzco (Perù), sposata con un suo connazionale ed ex guida turistica in Italia da due anni. Maria Piroska ha trovato nel vernacolo milanese quella dolcezza e quell’armonia che ricordano un dialetto della sua terra, il «quechua», assottigliatosi nell’uso dopo l’imposizione della lingua spagnola da parte dei «conquistadores». «Il meneghino mi affascina, è poetico, e il maestro Magni è bravissimo ad insegnarlo. Inoltre ritengo Milano l’unica città d’Italia davvero europea, ma purtroppo mi sono accorta di rallentare ai compagni lo svolgimento del corso causa la mia difficoltà di apprendimento. A malincuore ma ho deciso: mi ritirerò». Maestro Magni, ma cosa è la milanesità? «È tantissime cose.

Ma anche l’essere in un campeggio in Croazia, intonare con gli amici “Oh mia bela Madonina” e dopo poco scoprire che, cinquanta metri più in là, un altro gruppo fa eco al nostro coro».

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