Politica

Se il potere forte sposa il partito debole

Dubito che Pier Ferdinando Casini goda davvero dei favori di quei poteri forti che alcuni commentatori indicano. Si è parlato di settori della Confindustria di Montezemolo, di ambienti ecclesiastici vicini al cardinale Ruini, di apparati dirigenziali della Rai, oltre che dei giornali di famiglia. Ma se fosse vero che questi poteri scommettono sul raggruppamento centrista soprattutto al Senato, ciò significherebbe che esiste in sottotraccia un disegno, consapevole o no, volto a rendere debole la politica italiana con la destabilizzazione di qualsiasi maggioranza esca dalle urne.
L'ipotesi destabilizzante non riguarda la Camera dei deputati dove, grazie al premio di maggioranza, non può che vincere o il Popolo della libertà o il Partito Democratico. Il discorso diviene invece più complesso al Senato dove, per i balordi premi di maggioranza regionali, piccoli spostamenti di voto in direzione delle forze terze, e in primo luogo verso l'Unione di centro, potrebbero avere conseguenze catastrofiche per la governabilità dell'Italia.
Un Parlamento con maggioranze omogenee nelle due Camere può esprimere un governo forte, capace di attuare la sua politica e di affrontare le resistenze degli interessi costituiti nella società. Al contrario, un Senato senza maggioranza e in balia di pochi senatori pronti a qualsiasi ricatto, politico o personale, comprometterebbe qualsiasi decisione il governo volesse prendere per una stabile direzione dell'economia e delle istituzioni.
Se si verificasse una situazione precaria al Senato, con un pugno di eletti centristi in posizione strategica pronti a fare il bello e il cattivo tempo pur di «contare», verrebbe il sospetto che qualche «potere forte» (che non è effettivamente tale), tenti di alzare la voce sopra la politica per renderla debole ed incapace di assolvere i compiti a cui è istituzionalmente chiamata.
L'autonomia della politica, premessa del buongoverno, è sempre stata uno dei nodi dell'Italia frammentata tra gruppi settoriali e corporativi. La Democrazia cristiana, a suo tempo, riuscì a svolgere la funzione di grande mediatrice degli interessi del mondo cristiano che allora aveva come referente il partito unico dei cattolici. A sua volta il Partito socialista, con l'orgoglio altezzoso di Bettino Craxi, seppe rivendicare l'autonomia della politica tenendo a bada le potenze economiche e massmediatiche che volevano travalicare le loro sfere.
Oggi PdL e PD sono troppo forti per potere essere messi sotto scacco da non importa quale potere forte. Ma i grandi interessi organizzati, siano essi socioeconomici o etici, sanno di potere avere più voce in capitolo soltanto se la politica è incerta, ondivaga, senza maggioranze sicure, e alla ricerca di legittimazioni esterne. Ed è proprio in vista di questo scenario che sorge il dubbio che la puntata su Casini alla roulette del Senato possa servire per sconfiggere la politica degna di questo nome.
Massimo Teodori
m.

teodori@mclink.it

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