Se la stampa amica certifica il disastro del governo Prodi

Stefania Craxi

Ma che cosa aspettano Fassino, Rutelli e anche Napolitano, sempre pronto a mettersi in mezzo, a prendere atto che la maggioranza di centrosinistra ha fallito, non c’è più, se mai c’è stata? Solo un’interpretazione filistea delle regole di una democrazia parlamentare consente di mandare avanti un marasma, dove non si capisce più niente, dove sottosegretari e partiti di maggioranza sfilano contro il governo, dove è la maggioranza a far piovere centinaia di emendamenti sulla sua legge finanziaria, dove il Parlamento non può esercitare la sua funzione perché non arriverà mai a poter esaminare i 200 e passa articoli della legge di quel genio che risponde al nome di Padoa-Schioppa che si è messo in testa di emulare Quintino Sella, la cui politica (la tassa sul macinato, cioè sulla fame) finì con le barricate di Milano, e un presidente del Consiglio, ormai chiaramente privo del controllo dei propri nervi, che se la prende con gli italiani chiamandoli pazzi.
Questa volta a dargli addosso non è stata solo l’opposizione ma, con più veemenza ancora, la stampa amica. Su Repubblica Edmondo Berselli dice con parole eleganti che Prodi è fuori di testa, malato di un inguaribile narcisismo che gli fa vedere lucciole per lanterne; e Ilvo Diamanti, con più pacati argomenti, gli ricorda che se gli italiani impazziscono la colpa è di chi li governa: «Protestano tutti i ceti e tutte le categorie. Protestano i tassisti, i farmacisti, i notai, gli avvocati. Protestano i ceti medi, i commercianti, gli artigiani, gli industriali piccoli, medi e grandi, protestano i sindaci, i pensionati, i ricercatori, i professori universitari e i rettori. E protesto anch’io...». «Se il Paese è impazzito, in frantumi, senza futuro è perché somiglia troppo alla politica e in particolare al centrosinistra che governa».
Il consueto sondaggio di Renato Mannheimer sul Corriere della Sera è impietoso e catastrofico. Il 63 per cento degli italiani boccia il governo con punte di disaffezione, tra settembre e novembre, che tra gli imprenditori tocca il 17 per cento. Una caduta a picco. Ma non c’è mestiere o professione, o qualsiasi fascia di età che non abbia rivisto in basso il suo giudizio. Quanto tempo potrà durare ancora il silenzio istituzionale su un governo che palesemente non ha più la fiducia dei cittadini? Napolitano ha scritto un libro per ricordare il biennio ’92/94. Allora non c’era né un Paese impazzito né un governo sfiduciato dai cittadini, ma a dare spallate al governo e alla maggioranza, all’unisono con la stampa e i magistrati, sono intervenuti tutti, a cominciare dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro; e anche l’allora presidente della Camera la sua parte la fece. Oggi che la situazione si regge sul senso di responsabilità dell’opposizione non si sente muovere una foglia.
Prodi e Padoa-Schioppa hanno cercato di risollevarsi il morale con l’pprovazione della manovra da parte del Fondo monetario internazionale. Ma anche questa è una doppia bugia perché sia il Fmi sia l’eE, approvando la Finanziaria, hanno denunciato come la «quadra» sia stata ottenuta non tagliando le spese ma aumentando le tasse. Cioè hanno denunciato l’errore di fondo della Finanziaria: un errore che riguarda molto le tasche dei cittadini ma molto poco l’Ue e il Fmi ai quali interessa esclusivamente la tutela degli investitori esteri nel debito italiano. A Montecitorio la tensione è palpabile. Si naviga al buio e si attende con ansia il momento in cui il governo calerà la ghigliottina del voto di fiducia.

Un atto gravissimo da parte di un governo che non ha più la fiducia dei cittadini, quasi un colpo di Stato. Passerà anche questo nel silenzio delle istituzioni?

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