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Se una strage di animali vale solo una multa

La nave perde carburante e uccide oltre 1.000 uccelli: ammenda di 5000 euro. In mare 1.700 tonnellate di cherosene. Spariti 88 barili "misteriosi". La motonave ha sbattuto perché il comandante festeggiava il compleanno

Se una strage di animali vale solo una multa

Appena 5000 euro di multa per il peggior disastro ambientale nella storia della Nuova Zelanda. 1018 uccelli morti, soffocati dalle 1700 tonnellate di cherosene riversate in mare dalla motonave «Rena» al largo del porto di Tauranga, in Nuova Zelanda. Deciderà il giudice se a bordo c'era una festa, quella del comandante, 44 anni, ora agli arresti domiciliari. Avrebbe lasciato i comandi e la portacontainer, a 18 nodi di velocità, è andata a sbattere contro la barriera corallina dell'Astrolabio.

Era un piccolo paradiso: delfini, pinguini, balene. 142 uccelli di varie specie sono stati recuperati ed ora sono sotto la tutela della protezione animali neozelandese. «Ci vorrà del tempo per ripulirli e rimetterli in libertà - dice uno dei 500 volontari impegnati nel salvataggio della fauna del posto». Una meraviglia della natura, ora irrimediabilmente compromessa. «Noi speriamo di liberarli nello stesso luogo da cui li abbiamo raccolti ma sappiamo che non dipende solo da noi. La minaccia ambientale - spiega resta alta fintanto che la portacontainer Rena resta incagliata in quel pezzo di barriera. Vedi quella chiazza marrone che accompagna in superficie le onde? Quello è tutto cherosene perso dalla nave, continua ad arrivare e ogni giorno sembra aumentare».
Quello è il primo rubinetto da chiudere. C'è infatti ancora del carburante nel serbatoio della Rena. Sul luogo del disastro è già giunta la nave cisterna Awanuia. Dovrà prepararsi a pompare gas e carburante dal relitto per metterlo in sicurezza.

Ma le operazioni non cominceranno almeno fino a quando le condizioni meteo non lo consentiranno. C'è poi il problema del carico. Nessuno sa con esattezza cosa contengano i container ancora rimasti in coperta e quelli persi in mare. Sono 88 in tutto. Alcuni hanno viaggiato alla deriva fino all'isola di Motiti. Un altro paio sono giunti fino alla spiaggia di Papamoa, a 5 chilometri da Tauranga. In mare le operazioni di recupero sono condotte grazie ad una flottiglia di pilotine. Ma la minaccia resta alta: il relitto della Rena è in pratica tagliato in due. Può spezzarsi in qualsiasi momento. Rotta e condannata, diceva il New Zealand Herald in prima pagina qualche giorno fa.

La notizia ha anche oscurato l'attesa che tutto il Paese sta vivendo per il mondiale di rugby. Da queste parte l'ambiente è una cosa seria. E quelle immagini dei gabbiani e dei cormorani con le piume luride di catrame hanno l'effetto di un pugno allo stomaco. Proprio a Papamoa, la passeggiata sulla sua finissima sabbia accarezzata dal Pacifico, lascia un paio di centimetri di catrame sulle suole delle scarpe come macabro souvenir. Le autorità hanno vietato l'accesso all'arenile per permettere le operazioni di pulizia. I volontari non usano solventi, solo barriere e sacchetti di plastica per raccogliere sabbia e catrame e portarli lontano. Un lavoro massacrante che non riguarda solo Papamoa, ma diverse spiagge come ad esempio quella di Motiti, la più vicina al relitto della nave. Per questo il primo ministro John Key e il ministro dei trasporti Steven Joyce, sotto accusa nelle prime ore per la lentezza dei soccorsi, ora non escludono una caccia senza fine al colpevole. Per fargliela pagare. Ma per ora a pagare (e pure poco) è solo il comandante della nave. La prossima settimana tornerà in aula è gli verranno contestate altre accuse.

Intanto l'armatore della Rena, Diamantis Manos in un messaggio video ha chiesto scusa alla popolazione di Tauranga e in perfetto burocratese ha annunciato l'apertura di un'inchiesta interna per scoprire la cause dell'incidente. Della festa di compleanno del comandante neanche a parlarne, per carità. L'assicurazione non capirebbe.

E l'equipaggio, gli unici che potrebbero dire qualcosa in più su quello che è accaduto quella notte, è già tornato nelle Filippine. Le migliori condizioni, insomma, per insabbiare l'inchiesta come del resto hanno fatto con il catrame.

Intanto ci sono quei mille uccelli morti, le balene che hanno preso un'altra rotta e Tauranga che dovrà aspettare parecchio prima di tornare ad essere quel pezzo di paradiso simbolo turistico e commerciale dell'«isola dalla lunga nuvola bianca».

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