Cronaca locale

Serravalle, scandalo in un dossier: 500 milioni per una scalata inutile

Serravalle, scandalo in un dossier: 500 milioni per una scalata inutile

Ogni volta che vi ritrovate in coda sulla Est o sulla Ovest o che vi scoprite a percorrere a passo d’uomo la Milano-Bergamo oppure che pagate una cifra ai caselli della Milano-Genova dopo esservi sorbiti i rituali incolonnamenti da bollino rosso, ripensate agli spot elettorali dove Filippo Penati garantisce che «ne abbiamo fatto di strada in cinque anni».
Beffarda litania dell’inquilino uscente di Palazzo Isimbardi che, attenzione, per la smania di possedere il 52,7% di Serravalle ha indebitato l’amministrazione provinciale per 300 milioni di euro (260 di finanziamento bancario, 40 di oneri progressivi già maturati all’inizio del 2009) e ne ha sottratti ai cittadini altri 200 tra annessi e connessi all’operazione.
Cinquecento milioni o giù di lì per «avere il controllo di Serravalle» che, osserva Gabriele Albertini, era «inutile» perché «Penati già aveva la maggioranza del patto di sindacato di cui faceva parte il Comune di Milano». Ma, soprattutto, Penati porta a termine un’operazione «incomprensibile e inquietante»: «Infatti, Gavio ha pagato solo 2,9 euro l’una quelle azioni, rivendute poi a Palazzo Isimbardi al prezzo di 8,83 euro l’una, realizzando cioè una plusvalenza secca della bellezza di 178 milioni». E contemporaneamente, continua l’ex sindaco di Milano, le azioni «possedute da Palazzo Marino non erano più necessarie, nel patto di sindacato, per determinare il controllo della società» ovvero «erano diventate "sterili"» quindi «valevano molto meno». Insomma, Gavio guadagnava e Milano perdeva «grazie a Penati».
Fotografia di un’operazione finanziaria spregiudicata che, adesso, ritorna all’attenzione dei milanesi - «restando in attesa che la giustizia penale faccia il suo corso» dichiara Albertini - grazie al libro Serravalle, falce & casello presentato dall’ex sindaco e dal candidato Pdl e Lega alla Provincia Guido Podestà. Documentato dossier di cento pagine con tanto di rassegna stampa, intercettazioni telefoniche e brogliacci delle conversazioni tra Penati e Gavio, tra Penati e i vertici del Pd: «Commendator Gavio, mi ha dato il suo numero di telefono l’onorevole Bersani» dice - il 5 luglio 2004 - Penati che evidentemente non conosceva ancora il numero uno delle autostrade italiane.
Pagine che raccontano un’«operazione fallimentare e per lo meno strana» denuncia Guido Podestà: «Operazione costata in termini di interessi più di 30 milioni di euro, per ora. Operazione d’acquisto di azioni con un valore superiore alla perizia ordinata da Penati. Operazione che, lo dice la sentenza del lodo arbitrale, ha causato un danno al Comune per la lesione del patto di sindacato».
Naturalmente, Penati, smentisce la puntigliosa ricostruzione e lo spreco ai danni dei cittadini: «Podestà e Albertini ripetono cose vecchie di 5 anni e smentite dai fatti. Calunnie lanciate senza contraddittorio dove le opinioni non reggerebbero a un confronto diretto». Ma il «confronto» rimarca Guido Podestà «c’è stato e Penati l’ha perso, quando i giudici dell’arbitrato hanno dato ragione all’ex sindaco di Milano, Albertini. Sentenza che chiarisce, nero su bianco, che i 500 milioni di euro pagati per scalare Serravalle sono stati sperperati».

Valutazione di un’operazione da finanza rossa che, scrivono gli autori del dossier, «da sola basta a spiegare perché è necessario, anzi doveroso, cambiare aria a Palazzo Isimbardi».

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