Vancouver 2010

Dopo sette giorni: A.A.A. cercasi medaglie d’oro. Ne mancano tre

A metà del guado al bilancio azzurro mancano almeno tre emdaglie d'oro. Si salva Zoeggeler, delude Fabris. Rispetto a Torino 2006 manca l'oro. Sci alpino meglio di quattro anni fa, ma sfortunato si SuperG 

Dopo sette giorni:  A.A.A. cercasi medaglie d’oro. Ne mancano tre

Whistler Mountain All'alba di lunedì 20 febbraio 2006, il medagliere azzurro dei Giochi olimpici di Torino contava tre medaglie d'oro e quattro di bronzo.

All'alba di lunedì 22 febbraio 2010, giro di boa dell'Olimpiade di Vancouver, il conto è presto fatto: ai due bronzi di Pittin e Zoeggeler, si è aggiunto l'argento di Piller Cottrer nella 15 km di fondo e il bronzo di Arianna Fontana nello short track.

Il conto è in rosso: mancano le medaglie d'oro. Quella di Armin, diventata di bronzo (che allora fu conquistato dai doppisti, stavolta medaglia di legno), quella dei pattinatori guidati da Fabris, che da solo aveva vinto anche un bronzo e stavolta invece ha sbagliato due gare su due (ma quella a squadre deve ancora farla, il programma è diverso rispetto a Torino) e quella della staffetta del fondo, non ancora disputata e prevista per mercoledì 24.

In sintesi, il bilancio è negativo per pattinaggio di velocità, slittino e fondo, salvato finora da Pietro Piller Cottrer ma vagamente preoccupato per il crollo (problemi di materiali) nella gara a inseguimento e per le condizioni di Valerio Checchi (guai muscolari), pedina importante per la staffetta. Dalle donne, che a Torino a quest'ora avevano già vinto il bronzo in staffetta (qui in programma giovedì 25) ci si aspettava di più nelle due gare della prima settimana che sulla carta avrebbero potuto portare medaglie.

Lo sci alpino? Lo zero di Torino è stato finora confermato, ma con tutt'altre sensazioni. Il quarto posto di Heel e i piazzamenti di Innerhofer e Staudacher a pochi centesimi dal podio del superG sanno molto di sfortuna; il «legno» di Johanna Schnarf può invece essere considerato solo positivo, perché quando un’atleta raggiunge il miglior risultato della carriera non si può davvero rimproverarle nulla. Sarebbe come criticare un nuotatore finito quarto dopo aver polverizzato il proprio record.

Le piste dello sci alpino qui sono buone per i nostri, così come lo erano al Sestriere quattro anni fa. È lo sci alpino in sé che è «bastardo», nel senso di traditore. Però, si può obiettare, sul podio ci vanno sempre quelli, Svindal, Miller, Vonn, Paerson… d'accordo, ma qui parliamo di atleti fuoriclasse, atleti che in coppa del mondo hanno vinto trenta gare o giù di lì, coppe del mondo generali e già tante, tante medaglie. Atleti con una forza mentale sovrumana (basti pensare al recupero fisico di Anja Paerson dopo il volo in discesa), atleti come Gustav Thoeni o Alberto Tomba, atleti che l'Italia ha avuto, ma non ha più.

Il più deludente, e soprattutto il più deluso della spedizione azzurra, finora è stato Enrico Fabris. Nelle due gare che a Torino gli avevano regalato gloria e medaglie, bronzo nei 5000, oro nei 1500, il vicentino ha chiuso settimo e decimo. Sabato sera, nei 1500, non è mai stato in gara. «Non so cosa non abbia funzionato, so solo che non cambierei nulla di quello che ho fatto per arrivare pronto a questo appuntamento» ha detto sconsolato dopo l'ultima fatica. Anche il suo allenatore, Maurizio Marchetto, è parso sconcertato: «Al mattino Enrico andava bene, il motore era su di giri, poi in gara niente ha funzionato, come già nei 5000 dell'esordio. Bisognerà capire quello che è successo; d'accordo, la pista ha il ghiaccio morbido non adatto a lui, ma il 10° posto non è davvero la sua posizione». Il problema di Enrico potrebbe condizionare anche la gara a squadre che regalò un fantastico oro a Torino? «Lui dovrà essere forte a dimenticarsi tutto e voltare pagina».

Facile a dirsi, un po' meno a farsi. Tutto si potrà dire ma non che Enrico Fabris si sia montato la testa e non abbia preparato come doveva l'appuntamento. Questi atteggiamenti non sono da uomini come lui, uomini che vivono di lavoro e fatica, uomini che alla fine, comunque vada, possono sempre tornare a casa con la coscienza pulita, semmai con la consapevolezza dei propri limiti, che sono quelli umani, di tutti, o quasi tutti.

Una cosa va sottolineata quando si tratta di fare bilanci: gli sport invernali sono legati in modo spaventoso alle condizioni meteorologiche, variabili impazzite che possono modificare i valori in campo. Non voglio sembrare quella che difende sempre e comunque gli atleti, ma ribadisco che per riuscire a salire sul podio olimpico invernale bisogna contare anche molto sulla fortuna, sul caso, a meno di non essere un fuoriclasse, il che significa essere umano dotato di fisico, tecnica ma soprattutto forza mentale fuori dal comune. Noi di fuoriclasse veri qui avevamo solo Armin Zoeggeler, che infatti non ha tradito, pur gareggiando in condizioni per lui sfavorevoli, la pista accorciata, temperature elevate.

Cosa aspettarsi ora dalla seconda settimana di Giochi?
Riscatto e fortuna dallo sci alpino, con le gare tecniche maschili e femminili in cui abbiamo molte pedine da medaglia; dal fondo, le due staffette (più le donne che gli uomini, con questi ultimi che dal 1992 hanno vinto medaglie in cinque Giochi consecutivi, due ori), la sprint a coppie di oggi con Follis e Genuin, e ancora la 30 km a tecnica classica con Marianna Longa. Dal pattinaggio veloce la gara a squadre maschile di sabato 27 (qualifiche il venerdì), dallo short track, sorprendente come un temporale ad agosto, un urlo di gioia da Nicola Rodigari.

E non dimentichiamo il piccolo Alessandro Pittin e la combinata nordica, dopo quello che ha fatto domenica scorsa sperare ancora non è reato: gli mancano la gara dal grande trampolino e quella a squadre.

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