Cronaca locale

Sfratti, la metà tocca a chi non paga l’affitto

Per i milanesi che abitano in case in affitto la crisi economica si traduce in un termine estremamente concreto: morosità. Secondo un'elaborazione del Sunia (il Sindacato nazionale unitario inquilini e assegnatari) effettuata su dati del Tribunale di Milano, il 50 per cento degli sfratti in esecuzione con forza pubblica nel comune meneghino sono determinati dall'impossibilità degli inquilini di pagare l'affitto. Un dato che la dice lunga sulla condizione difficile patita dai cittadini che non possiedono una casa di proprietà e che sembra ancora più grave alla luce di altri dati relativi al settore abitativo milanese. Primo fra tutti l’incremento costante delle domande di alloggi popolari, al quale corrisponde una progressiva diminuzione dell'offerta. Per non parlare del fenomeno degli affitti in nero, che muovono un giro d’affari non precisamente quantificabile, ma comunque nell'ordine di svariati milioni di euro, ovviamente di evasione fiscale.
Dei 10.212 sfratti in esecuzione nel comune di Milano al 30 giugno dell'anno scorso, poco meno di 4.500 sono causati da morosità degli inquilini. Un segnale di quanto insostenibili siano ormai diventati i riflessi della crisi sulla quotidianità dei cittadini, tanto più indicativo se si pensa che a questa cifra bisogna sommare i circa mille espropri causati dal mancato pagamento del muto. «La Lombardia - spiega Stefano Chiappelli, segretario del Sunia di Milano - è la regione italiana con il più alto tasso di sfratto per morosità. Dai dati che abbiamo elaborato risulta evidente che i cittadini milanesi non riescono più a permettersi di sostenere le spese fondamentali per garantirsi un'abitazione, che si tratti di affitto o di rata del mutuo. A questo si aggiunga il fatto che solo il 15% delle locazioni sul nostro territorio sono applicate a regime concordato. Il restante 85% è in nero, o in locazione libera». Già, il nero. Un fenomeno che, per sua stessa natura, è difficile da quantificare economicamente, ma che l'Agenzia del Territorio ha stimato approssimativamente in un miliardo all'anno di evasione fiscale a livello nazionale. Un dato che, riportato alla realtà milanese, è nell'ordine di parecchi milioni di euro.
A Milano, quasi il 25 per cento delle case occupate è in affitto. Di queste, solo il 26% è di proprietà pubblica (quindi sottoposto a regime concordato), mentre il restante 74% appartiene a privati che mettono in locazione il proprio patrimonio immobiliare. Di questa percentuale, l'85 per cento applica affitti in nero o liberi: in tutto, circa 981mila abitazioni. «È chiaro che con percentuali così basse di canoni concordati - continua Chiappelli - la gente è obbligata ad accettare canoni liberi o in nero». Il che significa, nel primo caso, accettare di pagare cifre arbitrariamente stabilite dai proprietari; nel secondo, oltre a questo, vedersi anche addebitare illeciti interessi di mora e spese che spetterebbero alla proprietà, oltre che non avere alcuna certezza sulla durata dei contratti e sulla stabilità dei canoni, che i proprietari possono aumentare come e quando vogliono.
Che la situazione sia grave per le famiglie milanesi lo dice anche il numero di domande per abitazioni popolari presentate al Comune. Se nel 1999 erano oltre 7mila, già nel 2002 sono aumentate fino a superare quota 12mila. Una crescita progressiva che ha portato a contare complessivamente, al 31 dicembre del 2008, 25mila domande di case popolari, con un tasso di soddisfacimento medio (cioè il rapporto tra assegnazione reale e nuclei familiari) dell'1,42 per cento. Tradotto, significa che ogni 100 famiglie in lista per l'assegnazione di una casa popolare, sono meno di due quelle che hanno ricevuto l'offerta di un alloggio. Il fatto è che a fronte di una domanda così consistente diminuisce l'offerta di edilizia popolare, calata dai 1.500 alloggi del 2005 agli 890 del 2008. E, parallelamente, si riduce anche la quota dei contributi pubblici erogati per la copertura del canone: se nel 2004 nel capoluogo lombardo il contributo erogato copriva mediamente il 31,5% dell'affitto, nel 2007 questa percentuale è calata al 26,6 per cento.


Insomma, pare proprio che per uscire dai tempi duri si debba agire su più fronti contemporaneamente: lotta al nero, incremento dell'edilizia popolare e politiche di sostegno alle famiglie.

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