Europee 2009

Si giocano sulle preferenze i nuovi equilibri nel partito

Roma - Sì, è vero. Rispetto alle Europee di cinque anni fa, quando Forza Italia e Alleanza nazionale correvano ognun per sé, il Pdl cresce di oltre tre punti. Ed è pure vero che il dato del Pd, «che canta vittoria senza motivo», quando ancora le proiezioni sono lontane dall’essere definitive, è inferiore di circa cinque punti sui consensi dell’allora lista Uniti nell’Ulivo. Detto questo, però, l’asticella del 40%, posta in un certo senso come obiettivo minimo del Pdl, non è stata superata. Per carità, tra i pidiellini la cautela, così come la speranza che quel 35 o 36% possa crescere nel corso della notte, è d’obbligo. E nessuno, neppure tra chi proviene da via della Scrofa, ha la minima intenzione di prendere di petto il Cavaliere per contestargli un pronostico così impegnativo.

«Calma, calma, aspettiamo», esortava fino a tarda serata Denis Verdini, presente sin dal pomeriggio al quartier generale di via dell’Umiltà. Anche perché, puntualizza un (ex) esponente azzurro, «di proiezioni che hanno fatto un buco nell’acqua ne ricordiamo a palate». Già. Ma qualche chiarimento, gli ex aennini, al momento giusto, è probabile che lo chiedano. D’altronde, su un punto tutti concordano: «Abbiamo pagato l’astensionismo». Un dato piuttosto alto, «preoccupante» - si spiega - «se prendiamo in considerazione i pessimi dati in Sardegna», e in parte in Abruzzo. Come a chiedersi: come mai ci hanno voltato le spalle due regioni che avevamo strappato di recente al centrosinistra? Senza contare quanto avvenuto in Sicilia, con Lombardo che miete consensi nonostante abbia azzerato la giunta.

L’interrogativo, «quanto prima», pronostica un deputato d’area, verrà girato al premier. Nella speranza che si dia una «maggiore attenzione» alla dialettica interna, con «organi più presenti nel territorio». Per evitare che al Nord la Lega prenda di nuovo il volo. D’altronde - lo afferma Ignazio La Russa - Berlusconi «negli ultimi giorni ha fatto campagna elettorale anche per la Lega, facendo arrabbiare i nostri del Veneto». Regione in cui il Pdl potrebbe però rimanere avanti e mantenere la presidenza della Regione.
Ma tant’è. «Tenendo così alta l’aspettativa sul risultato finale, ci siamo forse un po’ incartati da soli», è il ritornello che circola lontano da taccuini e telecamere. E in attesa del responso odierno sulle Amministrative, nel Pdl si gioca una seconda partita. Perché, percentuale finale a parte, tocca capire quanti voti prenderà Berlusconi. E quanti invece, ad esempio, lo stesso La Russa, candidato nella circoscrizione Nord-occidentale, su cui - voce circolata anche ieri - il capo del governo avrebbe storto un po’ il naso. Berlusconi, non a caso, si è posto un altro chiaro obiettivo: superare i tre milioni di voti. Impresa mai riuscitagli, sfiorata nel ’94 e nel ’99, con il dato negativo di cinque anni fa, quando si attestò sui 2 milioni e 350mila voti. Un motivo per cui diversi esponenti provenienti da Forza Italia, seppure in lizza, in realtà hanno portato avanti una campagna elettorale pro-Cavaliere.

Di contro, gli uomini un tempo di stanza a via della Scrofa hanno seguito una strada diversa. Quantomeno nel Lazio, dove l’input - ricorrente tra gli ex missini - è stato di favorire invece la scelta di una «terna interna». Quindi, niente Berlusconi sulla scheda. Una strategia ben chiara, messa in campo per superare il risultato ottenuto cinque anni fa, quando An portò a Strasburgo due (tra i suoi nove totali) europarlamentari dell’Italia centrale, iscrittisi al gruppo dell’Uen. Una mossa che mira - oggi si capirà se sia andata o meno a buon fine - a rimarcare la presenza territoriale degli ex aennini.

Magari per rivendicare, il prossimo anno, il candidato alla presidenza della Regione Lazio (tra i nomi che circolano vi è pure quello del senatore Pdl Andrea Augello).

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