Politica

Siamo un popolo di sporcaccioni, ma Eco & C fingono di ignorarlo

Negli anni '70 Ennio Flaiano metteva alla berlina la degenerazione dei costumi della sinistra. Oggi fanno la morale al premier, ma i vizi contestati a Berlusconi sono gli stessi dei radical chic

Siamo un popolo di sporcaccioni, ma Eco & C fingono di ignorarlo

È assodato, dunque,/ l’ha detto Umberto Eco,/ se l’intellettuale la notte tira tardi/ è perché legge Kant/ e non è più un segreto...
L’incipit di cui sopra mi è venuto in rima, e il lettore mi scuserà, ma quando sento aria di cultura mi metto in ghingheri e cerco di fare bella figura. Certo è che, se il nostro grande semiologo non ha mentito, la vita della classe dei colti deve essere proprio dura, filosoficamente insonne, è il caso di dire... Eppure, sentite come Ennio Flaiano raccontava un party intellettuale degli anni Settanta: «Dottore, c’era pure la Scippona/ Fusto, la Betti e Anito,/ Zio Cinquesacchi, la Strabidona,/ Toto Galera, Giggi l’Impunito./ C’era Arbasino, Cagnara, il Bandito,/ Moravia, Pasolini e Culosfranto./ Verso la fine entrorno senza invito/ er Magnaccia co’ ’n frocio, e fu lo schianto».
Altri tempi e altri intellettuali, si dirà: peccato che sia tutto un piangere sulla degenerazione dei costumi da quando Berlusconi è entrato in politica. Prima, in fondo, eravamo poveri, ma ingenui... Eppure, sentite anche qui Ennio Flaiano, un Flaiano degli anni Cinquanta addirittura: «Lamenta la corruzione della vita romana, cita sdegnato qualche caso. Sì d’accordo, è stato così per secoli e secoli, ma ora stiamo esagerando; vizio e putredine. Vien voglia di andarsene, ma dove? Facendosi triste: “Ah - conclude - potersi ritirare in campagna, soli, con un chilo di cocaina, lontani da queste sozzure”».
Su Repubblica è tutto un applaudire al conculottismo, ovvero l’ideologia della mutanda: perché poi il sesso, fatto da un vecchio, figuriamoci, è cosa turpe e qui vogliamo essere tutti casti. Anche in arte, naturalmente, anche sul palcoscenico, dove infatti hanno appena messo in scena I pugni in tasca, già modello della cinematografia arrabbiata del tempo che fu. Vediamo come Flaiano aveva sintetizzato l’arte di rottura del ’68. «Atto primo: stupra la sorella, sodomizza il fratello. Atto secondo. Idem con la madre e col padre. Atto terzo. Scopre che è figlio adottivo e si spara».
Sento già l’obiezione: è una questione di dignità femminile. Sere fa da Lerner c’era anche la vedova Moravia e tutti a dire che, ma certo, non se ne può più di vederla calpestare (la dignità femminile, non la vedova). Moravia, già. «Moravia ha raggiunto il perfetto equilibrio. Sua moglie scrive meglio di lui e la sua amante, peggio» annotava Flaiano nel suo Frasario essenziale per passare inosservati in società e l’appunto, va detto, non riguardava Carmen Llera, ancora di là da venire.
È che, in fondo, non cambia mai nulla compagno e ci si batte per l’Idea, non avendone. Più passa il tempo e più si pesta sempre la stessa acqua nel mortaio. Sostituite il Pd o il Popolo viola al Partito comunista d’antan, ma i Vantaggi dell’iscrizione stilati da Flaiano restano gli stessi:
«- Sarete temuti e rispettati
- libertà privata totale
- ampie possibilità per il futuro
- viaggi in comitiva
- nessuna perdita in caso di persistenza del Sistema
- guadagno in caso di rivoluzione (almeno per i primi tempi)
- colloquio coi giovani
- ammirazione del ceto borghese
- ampie facilitazioni sessuali
- possibilità di protesta
- rapida carriera
- firme di manifesti vari
- impunità per delitti politici e di opinione
- in casi disperati, alone di martirio».
Flaiano non era un moralista a corrente alternata, un sepolcro imbiancato pronto ieri a schierarsi per il sesso libero e liberato e oggi per il mese mariano. «Oh, com’è bello sentirsi profondamente intelligenti,/ a sinistra sedersi, a destra avere un parente,/ dire a lei che l’erotismo è una forma di alienazione/ frutto del neocapitalismo e chiudere la discussione». Quando Pasolini girò il suo Decameron, e tutti a dire che forza, che libertà di pensiero, che poesia sessuale, lui era già avanti: «È la scimmia che ha aperto la gabbia alla tigre. All’antica tigre italiana dei cessi, dei casini, dei corpi di guardia, dei goliardi e, tutto sommato, dei turpi porcaccioni». Solo che allora erano porci con le ali, bisogna capirlo, rompevano i tabù...
È che il pubblico è privato e quindi non c’è privacy. Oppure no. Alberto Arbasino, che pure è uno intelligente, all’indomani della morte del povero Pasolini sentenziò che nei casi di figura pubblica impegnata «non ci si può permettere neanche il modesto lusso di farsi sorprendere dietro un cespuglio con le mutande in mano. E il nostro amico lo sapeva bene». Com’è noto, il campetto isolato dell’Idroscalo dove lo scrittore venne ammazzato, dopo la mezzanotte diveniva scintillante di luci e frequentato come via Veneto... E però, vuoi mettere con villa San Martino.
«La mutanda è comunque un memento» ha scritto Francesco Merlo su Repubblica: «Ricorda che si debbono cambiare». Certo, non è più il tempo delle mutande pazze e nemmeno del partito dei senza mutande, teorizzato da Rupert Everett negli anni Ottanta, incarnato da Sharon Stone negli anni Novanta: si sa, quella era merce d’importazione, roba straniera... E però, quest’Italia che prima del Cavaliere non doveva vergognarsi fa un po’ effetto e Flaiano l’avrebbe inquadrata così: «Il paese delle sofisticazioni alimentari, della fede utilitaria, della mancanza di senso civico, un paese di ladri e di bagnini (che aspettano l’estate) un paese che vive per le lotterie e il gioco del calcio, per le canzoni e per le ferie pagate». Eppure, a quegli intellettuali impegnati che allora, quando il Cavaliere nero era ancora un signor nessuno, rimproveravano all’italiano medio di non essere un paradigma sociale o morale, era sempre Flaiano a replicare: «L’italiano medio è quello che è e i suoi difetti cominciano a piacermi. Mi piace che sia generalmente bugiardo. Non credo che avrebbe potuto vivere in questo paese per tremila anni senza adattare la cruda verità a una ragionevole menzogna. Mi piace che pensi sempre alle donne. Perché non dovrebbe pensare sempre alle donne. Che c’è di meglio? Gli uomini forse?».
Ma sì, quando scendono i campo gli indignati speciali, i perfetti intelligenti, bisogna mettersi sull’attenti: «Simulano gli interessi dei giovani, adorano il pubblico. Sono i cretini di ieri coi pregiudizi di domani».

Flaiano, ci manchi.

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