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Sicilia, i franchi tiratori affossano Crocetta: addio riforma delle Province

Un emendamento dei Cinque stelle votato col voto segreto ha cancellato la creazione dei "liberi consorzi" che sostituivano gli enti

Il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta
Il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta

Galeotto è stato il voto segreto. O più praticamente il fatto che da tempo ormai in Aula Rosario Crocetta, governatore di una Sicilia con un debito record di otto miliardi e a un passo dal daefault, non ha più una maggioranza. Fatto sta però che la tanto sbandierata riforma delle Province, che Crocetta si vantava di aver varato per primo, è stata affossata nel segreto dell'urna: una manciata di franchi tiratori, cinque o sette secondo i calcoli, ha infatti detto sì alla canellazione del primo articolo della legge in votazione, quello che al posto degli enti istituiva i «liberi consorzi». E così puff, per 36 a 22, è sparita tutta la legge. E a questo punto non rimane altro da fare che prorogare sino a giugno gli attuali commissari. Sempre che nel frattempo la Sicilia non arrivi al crack.

Non se l'aspettava, Crocetta. E tuona, inferocito: «Quanto è accaduto riguardo al ddl sulle Province è semplicemente allucinante. Di fatto si lascia nel limbo la sorte di enti e si incrementano le preoccupazioni dei dipendenti delle province che non riescono a comprendere quale sarà il loro futuro. La Regione - aggiunge - non può essere l'ultima trincea della conservazione, le Province sono state abolite in tutta Italia e lo Statuto speciale deve servire ad accelerare le riforme, non a rallentarle. Spero che per qualcuno, anche questa volta, non sia occasione per attribuire al governo della Regione responsabilità che non ha, rispetto al voto parlamentare. È una pagina brutta della storia di un Parlamento che negli ultimi due anni ha mostrato coraggio nel cambiamento e che, in questo caso, vuole mantenere enti intrisi di sprechi». Crocetta dimentica che proprio la riforma delle Province è stato uno dei suoi più grandi flop.

Sbandierata come «fatta» in interviste tv, è servita solo a creare il caos: le Province sono state sciolte, il governatore ha via via piazzato come commissari suoi fedelissimi (per un periodo a Trapani è andato il suo ex pm preferito, Antonio Ingroia). Intanto i ritardi si sono accumulati. E adesso la riforma è stata affossata. Il tutto mentre la Sicilia sta per raggiungere la cifra monstre di debito di 8 miliardi. Per far quadrare il bilancio, infatti, il governatore pensa a un ulteriore mutuo che si aggiunge ai 7,5 miliardi debito che la Regione ha con gli istituti bancari. Un baratro.

Un baratro da cui difficilmente la Sicilia riuscirà a risollevarsi.

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