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«Dalla sinistra in Rai ignobili baratti Basta con le beghe congressuali Pd»

RomaDopo l’accordo sulle nomine ai Tg ha lasciato passare qualche giorno. Poi ha preso carta e penna e ha scritto un articolo per l’Unità, che - dietro una titolazione anonima - conteneva una condanna e un sospetto inconfessabile. Oggi, in questa intervista, Carlo Rognoni, ex consigliere di amministrazione Rai in quota Quercia, si spinge oltre, e non ricorre a cautele o a giri di parole: «Che un presidente e dei consiglieri vicini al centrosinistra avallino e barattino nomine inaccettabili con il congelamento di quelle di propria competenza è a dir poco sconcertante. Che Franceschini scelga questa linea e subordini la designazione delle testate che vengono riconosciute all’opposizione agli esiti del congresso del suo partito mi pare, francamente, un brutto segnale».
Le parole di Rognoni gettano una nuova luce sullo scenario che si è delineato in casa Rai. Infatti, con la sua sostituzione con lo scrittore Giorgio Van Straten, a viale Mazzini non siede più nemmeno un uomo che provenga dalla storia della Quercia, e così la Margherita (che può contare su Nino Rizzo Nervo) tende a spadroneggiare. Al punto che persino Barbara Palombelli è stata bloccata alla direzione di Raitre da quello che Rognoni definisce con sprezzo «il baratto». Ma come? Bloccata da Gentiloni e da Rizzo Nervo, uomini vicini a suo marito, Francesco Rutelli? La Palombelli ha recentemente preso carta e penna per ricordare di non essere mai stata iscritta alla Margherita, di avere avuto solo la tessera dei Ds. Insomma, anche la battaglia di viale Mazzini, e la strategia del «congelamento», rimandano la battaglia di successione nei gruppi dirigenti della sinistra all’esito del duello Bersani-Franceschini. E rinnovano, come spiega Rognoni, la guerra civile nel Pd.
Onorevole Rognoni, lei ha sparato a palle incatenate.
«Veramente ho detto solo quello che molti democratici, in questi giorni, hanno purtroppo constatato. Solo che nessuno lo dice apertamente».
Qualcuno le potrebbe dire che stupirsi dei giochi di lottizzazione, alla Rai, è da educande.
«Qui siamo molto oltre, e molto peggio».
In che senso?
«Che la lottizzazione è una pratica di divisione dei ruoli e delle cariche, storicamente equilibrata, e fondata, a torto o a ragione, sugli equilibri politici reali. Non condivido quel principio perché, a volte, tende a prevalere sul merito, ma stavolta...».
Cosa?
«Siamo molto oltre. C’è un indecoroso assalto alla diligenza, condotto da una parte della maggioranza, con l’aiuto, o l’assenso del presidente nominato dall’opposizione».
Mi faccia un esempio.
«Un esempio? Prenda la direzione di Raidue. Si era creata una situazione di stallo perché un consigliere di area Lega, giustamente, dico io, aveva posto il veto su dei nomi inaccettabili».
Poi si è trovato l’accordo.
«No, poi la nomina di questi personaggi è stata resa possibile dal voto di Garimberti giustificato in modo surreale».
Ovvero?
«Le altre proposte erano molto peggio. Ma scherziamo!?».
Lei suggerisce un retroscena. E cioè che ci sia stato un baratto.
«Un retroscena? Ma guardi che non sono io a ipotizzarlo. Basta leggere quello che è stato scritto dai giornali! Accade tutto alla luce del sole, basta saper interpretare».
Allora interpreti lei per noi.
«All’attuale maggioranza del Pd, e agli uomini della Margherita, che avrebbero perso due uomini a loro vicini, come Di Bella e Ruffini, conveniva il congelamento».
E allora?
«Contro gli interessi della parte che rappresentano, contro l’opinione pubblica che guarda a loro, hanno accettato questo scambio: il centrodestra congela quelle due nomine, in attesa del congresso Pd, e l’opposizione lasciava fare sulle altre nomine».
Lei ha qualcosa di personale, chessò, contro Ruffini?
«Al contrario lo considero un ottimo dirigente. Se tutto cambia, gli trovino un’altra sistemazione. Ma non si mettano a inciuciare!».
Ma scusi, che cosa cambia rispetto a quando in Cda sedeva lei? «Tutto. Nel mio consiglio c’era un direttore generale, Cappon, che pensava prima agli interessi dell’azienda, e poi a quelli dei partiti. Adesso mi pare innegabile che ce ne sia uno, Masi, che pensa prima al centrodestra, e poi a tutto il resto».
Franceschini ha cambiato linea?
«Direi di sì. Noi per anni abbiamo chiesto un amministratore delegato che sottraesse l’azienda ai partiti. Lui ora si è disinteressato. Ma gli uomini del Pd garantiscono i loro amici di corrente».
Non è realista attendere l’esito del congresso?
«L’opposizione deve occuparsi della qualità dell’azienda, che c’entrano gli equilibri congressuali? Qui è accaduto di peggio».
Cosa?
«In nome di queste logiche che nulla hanno a che vedere con la Rai, si è avallata una selvaggia razzìa di poltrone.

Le pare servizio pubblico, questo?».

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