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La sinistra smaschera Fini: "Si è fatto cacciare"

Una giornalista dell’Unità ripercorre in un libro le tappe della guerra al Cav di Gianfranco: "Così Futuro e libertà ha già fallito". Dal dito puntato contro Silvio alla diaspora dal partito, tutti gli errori strategici del leader di Futuro e libertà

La sinistra smaschera Fini: "Si è fatto cacciare"

Roma - Adesso anche la sinistra smaschera Fini: troppa tattica e scarsa strategia; non è stato cac­ciato ma s’è abilmente messo nel­le condizioni di essere esiliato dal Pdl; tra falchi e colombe non me­dia ma parteggia per i primi; la sua accelerazione sull’antiberlu­sconismo è stato un boomerang per il Fli.
Sono tratti che emergono nitidi dalla fotografia dell’ultima svolta compiuta da Fini, scattata dalla cronista dell’ Unità , Susanna Tur­co. La quale ha appena partorito il volume
Che fai, mi cacci? (Marsi­lio Editori), per raccontare il Fini dello strappo.Un’analisi impieto­sa ma lucida e precisa del vestito nuovo del presidente della Came­ra. Già dall’introduzione si capi­sce che il libro getta una luce al ne­on- fredda ed implacabile- sul fu­turismo: «Finirà male? Può darsi. Dopo qualche mese di navigazio­ne felice e feroce il finismo e la sua incarnazione terrena, Futuro e li­bertà, paiono mostrare tutta la lo­ro fragilità». Centosessanta pagi­ne che scivolano via come l’acqua fresca per raccontare la «sfida im­possibile » di Gianfranco, culmi­nata in quel ditino alzato durante l’assemblea nazionale del Pdl del 22 aprile 2010, e non ancora fini­ta. Quello è il momento più plasti­co e drammatico della conversio­ne di Fini, dopo 16 anni a braccet­to del Cavaliere nel ruolo di eter­no delfino. «Una conversione ver­so di sé - scrive Turco - dopo aver cercato per quarant’anni di inter­pretare il colore di qualcun altro, Fini tenta l’azzardo degli azzardi: trovare un colore tutto suo».
Fini ora è solo, senza padri: è la tesi del libro.Non c’è più Almiran­te, non c’è più Tatarella e nemme­no i colonnelli. Ora è veramente
come un sub: solo. Nella penna dell’autrice si percepisce la simpa­tia per il coraggio mostrato dall’ex cofondatore nell’aver criticato il «Re» Berlusconi, ma il racconto non è mai partigiano. Si srotolano tutti i momenti clou della guerra intrapresa da Gianfranco nei con­fronti del Cavaliere con parecchi retroscena. Come quello del par­to, assolutamente in extremis , del nome Futuro e libertà.
Arte della guerra, si diceva, col fine di «farsi cacciare» dal Pdl. Una battaglia continua, cruenta e drammatica spessa combattuta ­è la tesi della Turco - con estrema improvvisazione: «La svolta è un processo ingarbugliato, oscillan­te, fatto di circostanze». Nel libro si svelano le riunioni futuriste nel­la sede di FareFuturo, una delle quali al buio per colpa di un
black out : «Sembrava di stare in una riu­nione di carbonari», racconta un finiano. E la rivolta passa attraver­so­tutte le provocazioni e gli ostru­zionismi di Gianfranco: dal testa­mento biologico agli immigrati; dal processo breve alla prescrizio­ne breve, passando per le intercet­tazioni. Ed è sul terreno della giu­stizia che la crepa con Silvio si fa baratro. Determinante il fuorion­da reso pubblico in dicembre in cui Fini parla col procuratore ca­po di Pescara, Trifuoggi. La spac­catura è ormai insanabile e si arri­verà al «Che fai mi cacci?» e alla partenza della traversata nel de­serto. Ci sarà Mirabello, Bastia Umbra,il passaggio all’opposizio­ne, il momento clou del tentativo di rovesciare Berlusconi con la sfi­ducia del 14 dicembre. L’addio di Moffa «scatena in Fli uno psico­dramma che va ben oltre le accu­se di essersi venduto. È il segno tangibile di una vulnerabilità che i fatti poi confermeranno». Il falli­mento di quel giorno è un «boo­merang che colpisce in piena fac­cia Fini». Ci sarà l’attacco sul caso Ruby ma soprattutto «la disastro­sa assemblea costituente di Mila­no nel febbraio del 2011». Come andrà a finire è un mistero ma il presagio è fosco: «Meno strumen­ti, meno spazi, meno visibilità e, paradossalmente, forse troppo tempo davanti.

Ma Fini tutto que­sto lo sa: una traversata nel deser­to a piedi, il cui esito è tutt’altro che scontato».

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