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Soldi in cambio di appalti. Cene elettorali per l’ex presidente della Provincia di Venezia

Soldi in cambio di appalti. Cene elettorali per l’ex presidente della Provincia di Venezia

Venezia «Mi non go roba’, go solo fatto del ben a tutti». Sono state le prime parole, in stretto dialetto veneziano, che Lino Brentan avrebbe rivolto ai finanzieri del nucleo della polizia tributaria di Venezia che ieri mattina sono andati ad arrestarlo con l’accusa di corruzione. L’amministratore delegato dell’Autostrada Venezia-Padova, anzi ex amministratore delegato perché il consiglio di amministrazione della società è decaduto pochi giorni fa, è caduto dalle nuvole di fronte alle contestazione della Guardia di finanza. «Non ho rubato - ha ripetuto in dialetto - ho fatto del bene a tutti».
Di sicuro ha fatto del bene a molti compaesani, visto che da quando ha smesso i panni dell’illuminato politico e amministratore di sinistra per indossare quelli di «manager» alla Padova-Venezia ha assunto una sfilza di abitanti della Riviera del Brenta. Senza dimenticare di organizzare cene a sostegno del candidato alla presidenza della Provincia di Venezia, il piddino Davide Zoggia.
Secondo l’accusa Brentan, a cui sono stati concessi gli arresti domiciliari, incassava tangenti da un giro di imprenditori «amici» a cui garantiva, dribblando gli appalti, lucrose commesse della società autostradale.
Nel Veneziano Brentan è una specie di nume della sinistra. Il suo curriculum politico presenta varie cariche da assessore con il Pci, con la Quercia di Occhetto e con i Ds, spartite tra il comune di Campolongo Maggiore e la Provincia di Venezia, prima di approdare nel cda della Venezia-Padova in quota Pd. E per il gip Antonio Liguori, che ha disposto un sequestro preventivo di 170mila euro nei conti correnti del manager, il sistema di corruzione sarebbe iniziato proprio quando Brentan rivestiva la carica di assessore provinciale all’edilizia. I fatti scandagliati dal generale Marcello Ravaioli e dal colonnello Renzo Nisi della Guardia di finanza, però, si riferiscono a un intervallo temporale compreso tra il 2005 e il 2009, dal momento che eventuali reati precedenti sarebbero comunque prescritti.
«Io non ho bisogno di 15mila euro da questi farabutti, io prendo 90mila euro l’anno». Di fronte a questa orgogliosa difesa di Brentan, i finanzieri, coordinati dal pm veneziano Stefano Ancilotto, hanno sviscerato i dettagli dell’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, aggravata in ragione della stipula di contratti vincolanti per l'ente di appartenenza.
Tre episodi, in particolare, costituiscono il nucleo dell’inchiesta. Si parte con la ristrutturazione affidata all’imprenditore Dario Guerrieri degli appalti relativi agli uffici del casello di Villabona (Venezia) e del centro servizi della provincia di Venezia, foriere di tangenti pari rispettivamente a 40mila e 15mila euro. A Silvano Benetazzo, imprenditore morto alcuni mesi dopo l’arresto che dichiarò di essersi indebitato per non uscire dal giro, sarebbero poi stati chiesti 60mila euro, versati in diverse tranche, per il rifacimento degli edifici della società Venezia-Padova. Infine al professionista Luigi Rizzo, che aveva incassato una parcella da oltre un milione di euro per una consulenza sull’inquinamento acustico, Brentan avrebbe chiesto una tangente pari al 10 per cento dell’importo.
Con imbarazzato sollievo il segretario provinciale di Venezia del Pd, Michele Mognato, ha annunciato che «Lino Brentan a seguito dell’arresto si è autosospeso dal Pd», sottolineando che comunque non ricopriva incarichi di direzione politica.

Già, si occupava di economia.

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