Stile

I capi che sono di moda e hanno fatto la nostra storia

Dall'eskimo al montgomery, dai jeans al chiodo: i capi nati molti anni fa (magari per tutt'altro scopo) ma ancora glamour

I capi che sono di moda e hanno fatto la nostra storia

Era un giaccone verdastro con il cappuccio orlato di pelo sintetico, di poco prezzo e bassa qualità, chiamato Eskimo perché ricordava la giacca degli eschimesi. Nel Sessantotto divenne una divisa per i giovani contestatori di sinistra (che da noi venivano chiamati «cinesi») che lo indossavano su pesanti maglioni, jeans sdruciti e le immancabili Clarks. Era simbolo di ribellione e di fiera opposizione alla studiata eleganza dei ragazzi di destra ma oggi è diventato un capo superchic, fatto in numerose versioni da case come Prada e Gucci... Così la moda cambia e molti capi che oggi fanno tendenza sono nati per tutt'altro scopo e in contesti completamente diversi. È la moda che si ricicla facendo storia e tendenza. Chi avrebbe mai pensato che le scarpette da ginnastica dei college americani, bicolori, in lino e in plastica, o le scarpe alte da basket sarebbero diventate uno status symbol per l'uomo e per la donna? Oggi si chiamano «sneakers», costano parecchie centinaia di euro e le producono tutti i grossi nomi da Gucci, che le fa nere o marroni con le classiche «c» incrociate a Prada, da Hogan che ne fa di tutte le fogge e in quantità industriali al mitico John Lobb, che le fa su misura, preferibilmente alte come le All Star in tutti i colori, in pelle pregiata e persino in camoscio. Anche i marchi sportivi come la Adidas, la Nike e la Puma hanno fatto dei modelli speciali firmati da rinomati stilisti come Yamamoto e Neil Barrett. Le sue tracce si scoprono in Europa già sul finire del Medio Evo. È un capo ruvido, grezzo e resistentissimo, nessuno lo direbbe ma è un tipo di fustagno e tutti lo chiamano jeans o bluejeans. È l'indumento che ha subito più trasformazioni nella storia, fino ad arrivare a diventare un capo fashion che costa migliaia di euro. E pensare che quel tessuto - che originariamente veniva dalla nostra Genova - nell'Ottocento era il pantalone da lavoro degli scaricatori di porto... Poi, a San Francisco, sbucano mr Levi Strauss e mr Jacob David Youphes (il secondo scomparso nel più buio anonimato) con i loro pantaloni blu a cinque tasche e cominciano a venderli a tutti, dagli operai agli scaricatori di porto ai cercatori d'oro. Poco tempo dopo quei pantaloni si identificheranno con uno dei loro inventori e diventeranno i mitici Levis, ancora oggi simbolo di eleganza sportiva. Dagli anni Quaranta sono stati simbolo al contempo della moda e della ribellione; li hanno indossati icone come Marlon Brando e James Dean, erano il capo simbolo di tutte le star del rock e - più sdruciti e sporchi possibile - furono la divisa del movimento hippie. (Usatissima poi, sia dai giovani beat che dagli agricoltori del profondo Sud, la «salopette», praticamente la tuta jeans con bretelle e pettorina).

I jeans hanno attraversato tutte le stagioni e tutte le mode, accanto ai pantaloni di pelle sono stati un simbolo (il più sdruciti e distrutti possibile) anche del movimento punk. Oggi accanto ai Levis, ai gloriosi Wrangler, Roy Rogers (i più famosi jeans italiani) ci sono decine di marchi ma soprattutto decine di stilisti che li hanno trasformati in capi importanti e costosi con gioielli incastonati (pare che quelli di Key Closet, con diamanti e cristalli Svarowski, costino 10mila dollari circa) toppe di tweed e stoffa pregiata e addirittura buchi e squarci fatti ad arte (Gucci ne ha fatto un modello «srappato» che costa più di 3mila dollari) mentre un paio di Levis vintage dell'800 è andato all'asta a 60mila dollari. I nostri miti, come Marlon Brando, indossavano jeans, t-shirt e l'immancabile giubbotto di pelle nero, che negli anni Settanta, pieno di spille, di buchi, di tagli e sdrucito ad arte, era il capo principe dei punk, la cui educazione estetica era affidata alla genialità e alla furbizia di Vivienne Westwood e Malcolm Mclaren. Molti capi di gran moda sono di ispirazione militare, come il Montgomery indossato dalla Marina militare britannica che deve il suo nome proprio al generale Bernard Law Montgomery, vincitore della battaglia di El Alamein. Oppure l'impermeabile per eccellenza, il trench Burberry, il cui classico modello di gabardine divenne nel 1909 il trench della British Royal Flying Corps. Non parliamo poi delle giacche militari, passate anch'esse da simbolo sessantottardo a capi chic e costosissimi per signora. Altro simbolo militare, in Italia reso di moda dai sanbabilini, sono gli occhiali da sole Ray Ban, adottati dai piloto dell'Air Force americana e indossati, con la loro montatura dorata e le impenetrabili lenti verdi, dal generale MacArthur. Quanto ci hanno fatto sognare i ruvidi film di cowboy e quegli stivali a punta indossati da John Wayne a Clint Eastwood, dai veri vaccari del Texas e dalle star della musica country nel mitico teatro grand Ole Opry di Memphis (Hasnk Williams, re del country, li indossava di tutti i colori e ricchi di ricami).

Oggi i cosiddetti camperos (ma quelli hanno la punta rotonda) sono ancora molto usati e - soprattutto in campo femminile - si sono evoluti in forme attuali e moderne senza perdere il loro fascino.

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