Medicina

Sono poche in Italia le diagnosi di disordini motori e iperattività infantile

L’Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD)è un disturbo neurobiologico ad esordio in età evolutiva caratterizzato da disattenzione, impulsività ed iperattività motoria, che si manifesta come alterazione nell’elaborazione delle risposte agli stimoli ambientali. Può presentarsi dall’età prescolare a quella adulta, coinvolgendo e compromettendo numerose tappe dello sviluppo e dell’integrazione sociale del bambino o dell’adolescente. Basandosi su alcuni studi condotti nel nostro Paese tra il 1993 ed il 2003, si può stimare, per la popolazione nella fascia d’età tra i 6 e i 18 anni, una prevalenza dell’1% (con maggior frequenza fra i maschi in rapporto 4 a 1 rispetto alle femmine), che corrisponde a circa 75mila casi potenziali. Di questi, in Italia, solo circa 3mila ricevono una diagnosi (4%), a differenza di altri Paesi Europei come la Francia dove, a fronte di una prevalenza stimata di 473.408, si arriva alla diagnosi nel 17% dei casi (80.479), o la Spagna in cui, ad una prevalenza stimata del 5% corrisponde una diagnosi fatta nel 59% dei casi (182.471). Se non diagnosticato tempestivamente e trattato in modo adeguato può portare nell’adolescenza e nell’età adulta a complicanze quali tossicodipendenza, alcolismo, esordi di disturbo bipolare, grave disadattamento sociale e relazionale. Ogni cura va adeguata alle caratteristiche del soggetto in base all’età, alla gravità dei sintomi, ai disturbi secondari, alla situazione familiare e sociale e deve essere inquadrato nell’ambito di un approccio multimodale, ovvero una terapia cognitivo comportamentale o psicologica, cui può essere associato un trattamento farmacologico (gli psicostimolanti sono i farmaci di prima scelta), quando strettamente necessario e indicati da un neuropsichiatra infantile. Se la diagnosi corretta della sindrome viene effettuata precocemente ed il bambino viene indirizzato verso terapie adeguate i risultati sono di solito soddisfacenti e, soprattutto, si riesce a prevenire un’evoluzione destinata a complicarsi nell’adolescenza. «La maggior parte dei soggetti adulti che si presenta allo psichiatra – afferma il professor Giulio Perugi della clinica psichiatrica dell’università di Pisa – ha un altro disturbo associato, i disturbi dell’umore e quelli da uso di sostanze sono le condizioni con le quali l’ADHD viene osservato nell’adulto.
gloriasj@unipr.it

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