Cronaca locale

Sono rom i 5 della banda dei bancomat

La tecnica era sempre la stessa. Da veri professionisti. Anzi di più. Da commando militare. Altro che zingarelli che vivono di elemosina al campo nomadi! I carabinieri di Monza hanno messo in galera una banda di rom specializzati in assalti a bancomat di centri commerciali. Il periodo scelto era sempre lo stesso: nella notte tra domenica e lunedì quando le casse continue e i bancomat sono piene degli incassi del fine settimana; la zona di azione tra Lombardia e Piemonte.
Dopo un anno di indagini sono finiti in manette così 5 rom-sinti che vivono in due campi rom milanesi, tra via Negrotto e via Martirano. Al momento dell’arresto la banda era pronta a colpire di nuovo, questa volta in provincia di Pavia. I cinque stavano per entrate in azione armati di quattro fucili kalashnikov Ak47, utilizzando vetture rubate e l’attrezzatura necessaria per forzare le casseforti. Anche le modalità di azione erano sempre le stesse. La banda utilizzava pale meccaniche o ruspe rubate in cantieri edili vicini agli obiettivi per bloccare le vie d’accesso e non esitava a sparare per agevolarsi la fuga.
Il 3 e il 23 dicembre 2006 erano entrati in azione a Caponago Brianza e Paderno Dugnano. Ed ancora il 30 dicembre 2006 a Basaluzzo in provincia di Alessandria e il 13 gennaio 2007 a Casalvolone in provincia di Novara. I carabinieri comandati dal colonnello Enzio Spina non escludono che la banda abbia messo a segno altri assalti.
L’operazione, ribattezzata «Caterpillar» ha permesso di assicurare alla giustizia il capo della banda Bogio Giuseppe Sainovich, 56 anni e tre fratelli: Claudio, Cristian e Daniele Stepich di 38, 30 e 35 anni. Arrestato anche un loro cugino, Roberto Stepici di 33 anni. I cinque, tutti pregiudicati, avevano più volte dato false generalità. Per gli inquirenti la banda, oltre ai cinque colpi di cui è accusata, potrebbe essere responsabile di una cinquantina di assalti a bancomat e casse continue che si sono verificate in zona a partire dal 1999. Saranno il confronto con dna e impronte o gli accertamenti balistici sui kalashnikov interrati in un’area boschiva a Bollate, a dare un responso definito sui sospetti. Tutti elementi che verranno comparati con quelli rinvenuti sui luoghi degli assalti e che potrebbero risolvere molti dei casi ancora senza colpevole.
In almeno due occasioni il gruppo ha sparato, anche contro le forze dell’ordine, per coprirsi la fuga. Come nell’area di servizio a Caponago Brianza furono utilizzati dei kalashnikov e delle armi furono impugnate anche a Casalvolone. Obiettivo, in entrambi i casi, due bancomat. Piani studiati con «tecnica militare» comprensiva di sopralluogo, reperimento dei mezzi per bloccare la strada e caricare il bottino, uso di armi da guerra per scappare indisturbati.
Pochi minuti per agire e assicurarsi gli incassi. Il venerdì sera preferivano i bancomat (tre quelli svaligiati con certezza dal gruppo), nella notte tra domenica e lunedì invece l’assalto era diretto ad assicurarsi gli incassi dello shopping del weekend (obiettivo certo un centro commerciale di Paderno Dugnano).

Bersagli che garantivano un bottino tra i 100 e i 150mila euro.

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