Roma

Come sostituire il verde col cemento

L’area di Collina Fleming è l’ultimo sperone che si affaccia sul Tevere, sul Parco di Tor di Quinto, in un quartiere dove il verde disponibile è di 6 mq ad abitante contro i 18 previsti per legge. Destinata a zona N, verde pubblico, dal 1962. Nel progetto approvato dal Comune ai 15mila metri cubi iniziali chiesti per «compensazione» dal gruppo Parnasi se ne sono aggiunti altri 12mila per i proprietari dell’area, più altri 12mila per un teatro a spese dei costruttori: quest’ultimo è l’«interesse pubblico» per i residenti del Fleming. Che non avranno un parco ma potranno andare a teatro.
Qualche data. Le società Samar e Saflav, due srl del gruppo Parnasi, tra febbraio e luglio 2002 presentano i «progetti compensativi» sulla Collina Fleming e Pietralata (Parco delle Acacie). Il 30 settembre si costituisce il gruppo di lavoro del Comune. Il 18 novembre 2002 la società di Parnasi e i proprietari dell’area del Fleming firmano l’«atto d’obbligo» con cui si impegnano a fare determinate di cose. Il 20 novembre 2002 il direttore del nuovo piano regolatore dà parere favorevole. Il 21 novembre lo dà il ragioniere generale del Campidoglio.
E veniamo al Parco delle Acacie a Pietralata. I terreni di Parnasi erano destinati dal vecchio piano regolatore a Piani di edilizia economica e popolare (Peep). Dopo anni di battaglie dei cittadini e delibere del Municipio V, il Piano delle certezze l’ha perimetrata come zona N individuata come Parco delle Acacie. Nel 2001 il commissario straordinario individua l’area tra quelle per il completamento del Peep. Si badi: una semplice «individuazione», nulla di vincolante per il Comune. Ma questo è il grimaldello utilizzato in Campidoglio per dare corso al cemento. Nella delibera comunale del 27 marzo 2003 la «compensazione» concessa a Pietralata è di 39mila metri cubi. Però il progetto presentato dalla società di Parnasi è per 67mila metri cubi, vale a dire l’intera cubatura dell’«Ambito di trasformazione ordinaria» (in sigla Ato R76) in cui è stata ribattezzata la zona. «Ancora non è chiaro - spara l’architetto Rodolfo Bosi, dell’associazione “Verdi ambiente e società” - se nei 67mila metri cubi sono compresi i 39mila della compensazione, o se al gruppo Parnasi sarà consentito di costruire questi più quelli». È tutto? Macché. «È stato usato come alibi l’interesse pubblico rappresentato da un intervento di edilizia popolare - si sfoga Rodolfo Bosi - anche se quello che si andrà a realizzare è un progetto di edilizia privata». Case e negozi a carissimo prezzo. Lettere, petizioni a Piero Marrazzo, al sindaco Veltroni, all’assessore Morassut. Al Comune è stato anche proposto di spostare le cubature appena un po’ più in là, in modo da salvare l’80 per cento del Parco. Niente da fare.

I 67mila metri cubi «compensati» a Parnasi devono sorgere su terreni di sua proprietà.

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