Economia

Tra speculazione e debito Ecco dove hanno origine i ribassi di piazza Affari

Mentre la Borsa registra il maggiore ribasso da inizio anno, abbiamo chiesto a Matteo Bosco della Aberdeen e ad Alberto Foà dell'AcomeA le origini di queste perdite: due analisi a confronto

Tra speculazione e debito 
Ecco dove hanno origine 
i ribassi di piazza Affari

Milano - Con l’indice Ftse Mib che è sceso del 3,96 per cento, la Borsa di Milano ha registrato il maggiore ribasso da inizio anno. Nel 2011 peggio di così Piazza Affari non aveva mai fatto, anche se a febbraio aveva perso il 3,59 per cento (fino a ora il punto più basso toccato). Il dato, seppur allarmante, è comunque lontano dai crolli storici avvenuti negli anni scorsi: il 14 maggio del 2010 il Ftse Mib aveva chiuso a -5,26%; e, nell’ottobre 2008, con un calo superiore all’8%. Cosa sta succedendo? Per dare un quadro il più possibile preciso abbiamo chiesto a chi con questa crisi ha a che fare da mesi: l'asset manager della Aberdeen Matteo Bosco e il presidente dell'AcomeA Alberto Foà.

Per entrambi la crisi di piazza Affari ha radici profonde. E chiamano in causa il debito pubblico che rischia di affossare il sistema Italia. "Dopo la crisi del credito del 2008, tutti i Paesi occidentali hanno cercato di lanciare delle misure per sostenere l'economia - spiega Bosco - l'Italia non ha potuto fare questa operazione a causa del debito che è tra i più alti dopo il Giappone". In realtà, secondo Foà, il ribasso di piazza Affari riflette il ribasso sul mercato dei titoli di Stato italiani che, "a sua volta, è il film che da un anno e mezzo stiamo vedendo a rallentatore su Irlanda, Grecia e Portogallo". I famosi Pigs ai quali, secondo secondo il numero uno dell'AcomeA si starebbe accodando anche il Belpaese. "Dopo la crisi bancaria che ha sconvolto tutto il mondo nel 2007 e nel 2008 gli Stati sono intervenuti per salvare il sistema bancario e sostenere l'economia con ammortizzatori sociali aggravando il deficit annuo di molti Paesi - continua il numero uno di AcomeA - ovviamente i Paesi che partivano con un debito basso in relazione al pil vengono percepiti come molto più solidi, quelli che hanno a che fare con una forbice molto più elevata sono chiaramente percepiti come più deboli". I mercati hanno così iniziato a diffidare della Grecia il cui rapporto deficit-pil è del 140%. "Va ricordato che il rapporto italiano è del 120%", fa notare Foà ricordando però che il governo ateniese aveva "in parte nascosto l'entità del deficit".

A fronte di un debito pubblico molto elevato, Bosco fa presente che gli italiani vantano un debito privato basso. "Non avendo fatto delle visure di rilancio economico, la crescita del pil è stata più bassa degli altri Paesi - continua - in un momento in cui c'è tanta instabilità, tutti i governi e i debiti sovrani sono sotto pressione e quindi non rispettano più i criteri che erano stati stabiliti a Maastricht". A Paesi come la Germania, in cui il debito pubblico è basso, riesce la mossa di fare alzare il pil. Per l'Italia questa operazione non è stata possibile. 

Dopo questo lunedì nero, piazza Affari torna indietro ai livelli di marzo 2009, al momento più buio per il mercato italiano che nel primo trimestre di due anni fa aveva toccato il picco più basso della crisi finanziaria scoppiata negli Stati Uniti nel settembre 2008. Le banche italiane, al centro della speculazione sul mercato, hanno bruciato i guadagni di due anni e tornano a vedere nero. In realtà, secondo Foà, "la speculazione non esiste ma è il classico argomento che si tira fuori quando non si sa cosa dire". "Se uno emette debito pubblico e questo debito viene trattato sui mercati finanziari - puntualizza il presidente di AcomeA - evidentemente bisogna accettare le regole del gioco: finché il Paese sembra avere buone prospettive di pagare il debito che ha contratto con gli investitori, i prezzi restano in linea con quelli dei Paesi più solvibili; quando la situazione sembra sfuggire al controllo, il mercato richiede interessi più elevati ed è pronto a pagare prezzi più bassi". D'altra parte Foà fa presente che "nessuno gridava alla speculazione quando le nostre banche valevano fino a venti volte le cifre che valgono oggi o quando i Btp avevano uno spread sui Bund tedeschi di 20 centesimi". 

In realtà, Bosco fa notare che lo speculatore è una delle tre funzioni fondamentali dei mercati finanziari: ci sono gli investitori di lungo periodo, gli speculatori che aggiustano il mercato e gli imprenditori. "Se non ci fossero gli speculatori non ci sarebbero nemmeno gli aggiustamenti di periodo - continua - se non ci fosse la figura dello speculatore il mercato sarebbe piatto". Negli ultimi dieci anni, infatti, i mercati finanziari sono stati sempre più stati soggetti agli exchange traded found e alle gestioni passive che prendono posizione sulla base dellospostameno del giorno prima della Borsa: il 50 per cento degli scambi va proprio in questa direzione. "I grossi patrimoni si muovo in maniera totalmente anomala e non controllabile se non dall'informazione che poi influenzano queste decisioni dei gestori che poi sono passivi", fa notare Bosco che non esclude la presenza di quelli che, "all'interno di questi grossi flussi, prendono delle decisioni attive e stabilizzano il mercato".

Foà non esclude l'effetto contagio che dalla Grecia ha minato anche la stabilità dell'Italia che, da parte sua, è appesantita da un debito di 1.800 miliardi di euro e da "una crescita molto basso". Quale, dunque, il futuro dell'Italia? Per Foà la manovra da poco presentata dal governo non è sufficiente a far fronte alle criticità perché "rimanda al 2014 quello che invece andrebbe fatto subito" e perché "con un debito pubblico da 1.800 miliardi ci siamo già mangiati due volte la manovra". "Questi ribassi sono solo l'antipasto: quanto succede oggi all'Italia è quello che ha vissuto mesi fa la Grecia - conclude Foà - ora il governo deve andare a incidere su quelli che sono i grandi capitoli di spesa, pensioni, sanità e pubblica amministrazione". Tuttavia, secondo Bosco, "in questo momento congiunturale del debito italiano, dobbiamo lavorare tutti insieme perché si arrivi alla fine della legislatura". Una speranza quella di Bosco che non si fonda affatto su un'analisi politica, ma perché garantire la tranquillità al Paese è "l'unica chance" per tornare a crescere.

"Bisogna sostenere il governo - conclude Bosco - per andare avanti e uscire fuori da questa situazione". 

Commenti