Cultura e Spettacoli

"11 minuti" di applausi. Ecco il thriller da premio

Il film di Jerzy Skolimowski incastra diverse vicende in pochi istanti. Sipega:"La mia è una ripsosta intelligente all'action movie americano"

"11 minuti" di applausi. Ecco il thriller da premio

da Venezia

Tantissimi applausi per Jerzy Skolimowski, regista polacco classe 1938, a dimostrazione che l'età anagrafica al Lido può far sempre rima con novità. E infatti il «giovane» regista ha sorpreso i tanti che ieri hanno visto il suo nuovo film 11 Minutes , un'adrenalinica e muscolare messa in scena di ciò che accade in 11 minuti a vari personaggi che finiranno per incontrarsi nella scena finale. C'è un marito geloso che perde la testa - fulcro e motore di tutto il film - e si apposta davanti a una camera d'albergo, dentro la compagna attrice fa un provino con un ambiguo regista americano, c'è fuori dalle finestre un lavavetri che è tornato sull'impalcatura esterna dopo essere stato con la ragazza che intanto è scesa in strada dove c'è un venditore di hot dog appena uscito dal carcere, c'è poi un corriere che deve consegnare un pacchetto all'attico dell'hotel, uno studente con una missione misteriosa, una squadra del 118 pronta a fare miracoli per arrivare da una partoriente, un gruppo di suore... La concatenazione degli eventi porrà fine a molti destini non appena trascorrono gli undici minuti del titolo che precisamente si svolgono dalle 17 alle 17 e 11. D'altro canto, dice il regista, «ci muoviamo su un terreno, camminiamo sull'orlo dell'abisso, dietro ogni angolo è in agguato l'imprevisto, l'inimmaginabile. Il futuro vive solo nella nostra fantasia. Non possiamo dare niente per certo: né fra un giorno, né fra un'ora e nemmeno fra un minuto. Potrebbe finire tutto di colpo, nel modo che meno ci aspetteremmo».

Skolimowski torna al Lido, dopo che nel 2010 il suo precedente Essential Killing ha vinto il Gran Premio della Giuria e quello per l'attore a Vincent Gallo, e già si parla di un premio possibile, magari per la regia, dal momento che potrebbe essere un film nelle corde del presidente della giuria Alfonso Cuarón che certamente non si scandalizzerà delle dichiarazioni del regista: «La mia è una risposta all'action movie di Hollywood. Metto un po' di intelligenza in qualche cosa che avviene molto rapidamente e con un tocco di violenza. Lo stile si sviluppa sul set e mi sono molto divertito con un grande gruppo di persone. Il momento più doloroso è stato però lo sviluppo della sceneggiatura». Proprio perché è frutto di un lavoro a ritroso: «Quando ho cominciato a scriverla, avevo in mente solo questo finale, poi sono risalito all'indietro cercando personaggi e situazioni che portassero in quel posto quelle persone per il finale». Da qui l'idea di costruire un action-thriller che obbliga lo spettatore a seguire il percorso non sempre cristallino dei personaggi fino al climax del loro incontro-scontro con effetto domino.

Girato a Varsavia, perché il regista lì vive «era la scelta più comoda, ma la storia è universale, potrebbe essere ambientata altrove e in qualunque periodo», con 8 milioni di euro di budget, 11 Minutes vuol essere «un avvertimento, perché tutto può succedere nei prossimi secondi: la vita è un tale tesoro che capiamo solo quando lo perdiamo. Questo è il messaggio del film, usiamo la vita nel modo migliore possibile finché siamo vivi». Così a 77 anni, nonostante 23 film alle spalle, Jerzy Skolimowski è ossessionato sempre dalla stessa cosa: «Voglio mostrare la realtà, anche quei momenti che abitualmente vengono lasciati sul pavimento della sala montaggio. Voglio seguire i personaggi in tempo reale, voglio la verità in 24 fotogrammi al secondo».

Accompagnato da una musica incessante e martellante, il film potrebbe apparire già visto nella costruzione a incastro delle storie oppure una mero esercizio di stile se non fosse per l'introduzione anche di un discorso teorico sulle immagini digitali mancanti, si parla di un «pixel morto» quando un poliziotto della sala operativa vede un punto nero su uno dei monitor di sicurezza, un tarlo nel sistema che metaforicamente potrebbe portare alla deflagrazione della società, un po' come nella famosa esplosione di Zabriskie Point di Antonioni.

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