Cultura e Spettacoli

«All'inizio un vip mi consigliò: è meglio che cambi mestiere»

Giulia Cherchi

Ci racconta un episodio OFF avvenuto agli inizi della sua carriera?

«Nonostante il pubblico accogliesse le mie esibizioni con schietto entusiasmo, il mondo dello spettacolo non sapeva come collocarmi, riteneva la mia vocalità senza un futuro. Emblematico, il parere perentorio d'un potente personaggio che al principio degli anni '90 sovrintendeva una trasmissione televisiva di successo. È stato il suo addetto stampa a comunicarmi telefonicamente l'opinione che il suo capo aveva maturato, dopo che ero riuscito, a fatica, a proporgli una serie di demo. Ricordo bene la telefonata, breve e senza appello: Dia retta, cambi mestiere, mi disse. Lo stesso celebre uomo di spettacolo, non molto tempo dopo, mi avrebbe poi invitato, ospite d'onore, nella sua trasmissione ».

Nella sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello mondiale e cantato per le personalità più importanti. Ricorda qualche aneddoto particolare?

«Seleziono un ricordo legato ad una canzone che amo particolarmente: The Music of the Night. Ho avuto occasione di cantarla per la prima volta in pubblico nel 2007, in occasione del Memorial Concert per Lady Diana, in un gremito Wembley Stadium, a Londra. Purtroppo non ero riuscito a mettere in memoria il testo, data la fitta agenda di quei giorni. Avevo allora chiesto a Veronica, mia moglie, di suggerirmi le parole in cuffia. Al momento dell'esibizione, lei fece per correre verso la cabina di regia, ma fu bloccata dagli addetti alla sicurezza, i quali, insospettiti, non credettero affatto alle sue concitate spiegazioni. Alla fine si chiarirono, ma sudai freddo, rischiando di far scena muta, di fronte alle telecamere di mezzo mondo».

C'è ancora un sogno o un progetto che vorrebbe realizzare?

«Ci sono alcune opere verdiane che desidererei incidere: Un ballo in maschera, Rigoletto, Ernani. La vita con me è stata molto generosa. Sono conscio d'essere in debito con la società. È proprio in quest'ottica che ho dato vita alla Andrea Bocelli Foundation, perché ritengo che la solidarietà non sia soltanto un dovere morale, ma un atto di intelligenza».

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