Cultura e Spettacoli

Altro che manager: il "famolo strano" dei signori dell'arte

Nuove nomine ai vertici dell'"art system"

Altro che manager: il "famolo strano" dei signori dell'arte

È l'arte del famolo strano, del cercasi manager, del creativo a tutti i costi, della lobby gay così potente da infischiarsene delle quote rosa. Cercasi idee folgoranti per musei troppo costosi da mantenere, per distinguersi dalle fiere dove si vende poco ma si organizzano tanti convegni, ossessionati dall'internazionalità a tavolino che per creare un unico modello ha impoverito il genius loci italico. Vanno forti le figure asistemiche e strambe ammantate di presunta genialità. Ovviamente tutta da dimostrare.

Un paio di giorni fa l'artista Cesare Pietroiusti è stato nominato, direttamente dal sindaco Virginia Raggi, presidente del Palazzo delle Esposizioni di Roma. Una figura contraddittoria, la sua: avanguardista, performer, indifferente alle logiche di mercato, marito della potentissima Carolyn Christov Bakargiev, direttore del Castello di Rivoli ed ex di Documenta. Va detto, un uomo molto simpatico e cordiale. Si suppone che il presidente di un'istituzione debba mostrare capacità di gestione e reperimento fondi. Pietroiusti, invece, è un artista puro, a tratti provocatorio, proveniente dall'ambiente cultural-salottiero della sinistra romana che in queste settimane (capofila Alfredo Pirri) sta raccogliendo firme contro il ministro Salvini. Una nomina salutata dal Pd capitolino con molto astio, in particolare dal vicesegretario Enzo Foschi che ricordava come in una sua performance l'artista avesse mangiato e poi defecato banconote. Dimentichiamoci dei baroni universitari, degli accademici, delle figure istituzionali e della loro sobrietà. I nuovi manager della cultura sono pittoreschi personaggi.

Di Milovan Farronato al Padiglione Italia (altra scelta ratificata al volo dal ministro a Cinque Stelle) abbiamo detto: ha un buon curriculum ma ci si ricorda di lui soprattutto per il look trasgressivo e transgender. Che a un esponente della Lega in Veneto non è piaciuto. L'abito non fa il monaco, ma chi punta solo sull'abito non può poi lamentarsi troppo. A meno che non ci si vesta tutto di nero, che sta bene con l'emaciato, fragilino, magrolino, lievemente effeminato: lasciapassare garantito.

Altra fresca nomina è quella del critico Simone Menegoi alla direzione di Arte Fiera a Bologna. Sostituisce Angela Vettese (le donne stanno sparendo dai posti dirigenziali), lasciata sola a gestire il compromesso tra le esigenze di mercato (Bologna è storicamente la fiera pragmatica degli affari) e il lamento degli snob che non ci trovano l'avanguardia. Così, invece di rafforzarne l'identità, si è preferito cercare un curatore snob e ricercato per assimilare Arte Fiera al Miart e ad Artissima. Tre manifestazioni l'una la copia dell'altra, gestite da curatori creativi. Eppure avrebbero voluto un manager.

Devono essersi pentiti all'ultimo chilometro, che gli uomini del fare non sono così pittoreschi, piuttosto noiosi anzi.

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