Cultura e Spettacoli

"Amare il tuo stupratore: solo la Huppert ha accettato questo ruolo"

Il regista presenta "Elle", il controverso film che nessuno in America ha voluto produrre

"Amare il tuo stupratore: solo la Huppert ha accettato questo ruolo"

Sembra un pensionato olandese al quale abbiano sbagliato la dentiera. Ma sotto i capelli bianchi il 78enne Paul Verhoeven, regista di film di culto, tra i quali spicca Basic Instinct (oltre a Robocop, 1986 e Total Recall, 1990), fa brillare occhietti obliqui che la sanno lunga. E infatti l'«olandese violento», com'è soprannominato il cineasta dallo stile inconfondibile, ora rilancia la sua carriera con Elle (dal 23 marzo nelle sale con Lucky Red), sovversivo thriller erotico presentato quest'anno a Cannes, con al centro un'eroina amorale, magistralmente interpretata da Isabelle Huppert, abbonata a ruoli da psicopatica (vedi La pianista o Tip Top). Due Golden Globe, 2 César e la candidatura di Isabelle agli Oscar è il bottino di questo noir tratto dal romanzo di Philippe Dijan Oh... (Voland), che già nel titolo allude ad abbondanti gemiti e sorprese. Se, ventiquattro anni fa, in Basic Instinct Sharon Stone non portava le mutande nella scena dell'interrogatorio, qui la Huppert se le sfila, da sola o in compagnia del suo stupratore, bancario tutto casa e sadismo. Il quale, oh!, finisce per piacere sessualmente a Michèle, borghese parigina di mezz'età che dirige un'azienda di videogiochi brutali: non denunciando l'aggressore, romperà gli schemi della società, tacendo e godendo. Cultura dello stupro, mentre la maggior parte dei maschi pensa che alle donne piaccia essere prese con violenza? O ricordi di sopraffazione, quando Verhoeven era bambino, nell'Olanda occupata dai nazisti e le ragazze ebree si davano agli occupanti, come racconta lui in Black Book? Al suo primo film francese, comunque, Verhoeven si conferma sarcastico maestro dell'ambiguità.

Doveva girare Elle negli Usa, con cast americano. Com'è andata, invece?

«Si tratta d'un film molto difficile, che gli americani non hanno voluto: non capivano la trasformazione sadomaso della protagonista, che accetta il suo violentatore perché non vuole passare da vittima. Nessuna attrice americana avrebbe acconsentito a recitare in un film così amorale. Tale tabù non mi ha permesso di raccogliere finanziamenti. Anche l'esclusione di Elle agli Oscar è stato un fatto politico. Poi ho scoperto che la Huppert amava il romanzo, aveva contattato lo scrittore ed era pronta a girare».

Com'è stato lavorare con Isabelle Huppert?

«Lei è estremamente audace ed era tagliata per quella parte: non è il tipo di attrice che vuole conquistare la simpatia del pubblico. Come me, del resto. In Europa c'è più libertà per i registi. Con lei non ho dovuto discutere di Freud e di psicologia».

Nel film circola ironia, qua e là si sorride. C'è anche nel romanzo di Dijan o l'ha aggiunta lei?

«Ho accentuato l'ironia perché non volevo girare un thriller, ma un film noir. L'ironia c'è già nel romanzo, dove si passa da scene di pura violenza ad aspetti sociali normali. Del resto, la vita non è classificabile dentro un genere preciso e credo che il cinema esageri a incasellare i generi: commedia, tragedia, thriller... Alla mia protagonista capitano cose tremende, ma resta calma mentre sviluppa dinamiche anomale».

La attraggono le donne tormentate?

«Non sono attratto da donne tormentate. Prendiamo Black Book: la protagonista ebrea teme di essere deportata ad Auschwitz, così si allea al suo aggressore. Anche qui, Michéle è stata forgiata, nell'infanzia, dal terribile crimine del padre. Così non vuole essere considerata vittima. Agli amici dice: Credo di essere stata violentata, raccontando lo stupro in modo criptico. Quando lei instaura un rapporto col suo violentatore, si pensa subito ad ama il tuo nemico».

In Elle il mondo dei videogiochi appare brutale come lo stupro subito dalla protagonista. C'è un nesso?

«Nel libro c'è un gruppo di sceneggiatori, che scrivono per la tv e il cinema. Non potendo rappresentare quest'ambiente, troppo astratto, l'ho sostituito con i videogames. È stata la mia figlia minore a suggerirmelo».

La sua protagonista è una donna forte o un'amorale?

«La si può chiamare amorale, ma a me non importa: la moralità è assente dai miei film».

Quali progetti ha?

«Girerò in Toscana, a Pescia, Blessed Virgin, storia di due monache lesbiche ambientata nel Medioevo e ispirata al libro pseudo-accademico Immodest Acts di Judith C.Brown, che narra le vicende della mistica lesbica Benedetta Carlini. Poi preparo un film su Gesù, basato sul mio romanzo Jesus of Nazareth: una revisione della figura di Cristo, visto come un rivoluzionario.

A partire dal Vangelo secondo Marco».

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