Cultura e Spettacoli

Arbore, "musicante" che per amore del jazz non ha fatto il dentista

L'artista pubblica un doppio cd che spazia dai duetti con Dalla ai concerti della sua band

Arbore, "musicante" che per amore del jazz non ha fatto il dentista

«Mio padre aveva uno studio dentistico molto avviato e da piccolo, per invogliarmi a seguire la sua strada, mi faceva assistere alle estrazioni dei denti». Ecco perché il nuovo doppio album di Renzo Arbore s'intitola ...e pensare che dovevo fare il dentista... e sulla copertina spicca la sua foto in camice bianco in mezzo a trapani e attrezzi chirurgici vari. È un viaggio nel mondo artistico di Arbore diviso tra le sue storiche collaborazioni ( Renzo Arbore and Friends) e i suoi giri del mondo come ambasciatore della napoletanità in jazz con l'Orchestra Italiana ( In Concert). «Avrei potuto intitolarlo pomposamente Best of o qualcosa del genere, ma ho preferito dare al disco quel tono un po' scanzonato che mi contraddistingue. Ho rivisto questa collezione di medaglie e ho voluto regalarle al pubblico...C'è I Can't Give You Anything Bu t Love in duo con Lucio Dalla, con cui ho condiviso l'amore per il jazz antico; c'è Pigl iate 'na pastiglia con Carosone, il precursore italiano di questo mix di generi e stili; c'è Un cornetto e un cachet, con Nicky Nicolai e Dado Moroni, che è un omaggio al maestro dello swing Lelio Luttazzi ed altri duetti con Rossana Casale o le Boop Sisters fino ad arrivare a 'O sole mio, trasformata in un vero inno soul, al Madison Square Garden di New York, dall'impagabile Ray Charles». Insomma nei due dischi ci sono tutte le passioni e le emozioni di Arbore, il suo amore per il jazz e per la vera canzone popolare napoletana «che è autentica poesia». Infatti il secondo album «è un simbolico concerto che ripercorre la mia storia dal '93 a oggi perché, voglio ricordarlo, l'Orchestra Italiana era nata per durare due o tre anni invece porta ancora oggi la nostra musica in giro per il mondo, dagli Stai Uniti alla Cina».

Accanto alla struggente Ammore scombinato («che eseguo in versione da crooner») e a Blue Christmas («la canzone sul Natale più triste che ci sia») c'è anche l'omaggio all'opera Nessun dorma («perché mio padre era anche un grande melomane e perché dobbiamo ringraziare i tenori che diffondono la cultura e la lingua italiana nel mondo») c'è una versione italianizzata di Portorico, scritta da un ex mozzo di nave e trasformata, con la sua autorizzazione, in Cocorito. Ce n'è per tutti i gusti, mancano solo (e da un po' di tempo) brani nuovi di Arbore, ma se glielo si fa notare lui ne viene fuori brillantemente con la sua aria sorniona e contrattacca dicendo. «Io ho inventato le sigle tematiche, le sigle manifesto come Ma la notte no, Il materasso e La vita è tutta un quiz, che è un brano contro la dittatura dell'Auditel. Tutti badano troppo agli ascolti, per questo si fanno programmi mediocri. Sullo stesso tema è Meno siamo meglio stiamo, che ho scritto con Greg di Lillo e Greg». Una stoccata alla televisione, che oramai non frequenta più, perlomeno quella generalista, perché il suo nuovo progetto è una web tv. In realtà RenzoArbore Channel Tv è già attiva, ma presto partirà alla grande. «La mia prossima malefatta sarà far conoscere ai ragazzi i grandi artisti del passato in tv sul web, perché non si può suonare il rock senza conoscere il giro armonico del blues. Passerò filmati di personaggi come Tony Bennett, un grandissimo crooner che ebbe la sfortuna di avere davanti a sé Frank Sinatra, cui venivano affidate le canzoni più belle. Io e Bennett siamo molto amici e abbiamo cantato insieme a Brooklyn. Ho la registrazione. A Umbria jazz, in un piccolo locale, gli feci scoprire Diana Krall, con cui poi duettò». Nel libro dei ricordi di Arbore c'è spazio per una moltitudine di aneddoti e ricordi, dai concerti con il «pontefice del soul» Solomon Burke alla volta che scoprì Michel Bublé: «mi dissero, vieni a presentare questo ragazzo di origine italiana; aveva un eccezionale talento per lo swing».

Ma chi è oggi Renzo Arbore? «Sul mio biglietto da visita c'è scritto “clarinettista jazz”, ma sono uno strapazzatore di strumenti musicali. In realtà le note devono essere espressive, per esprimere la malinconia o l'allegria ci vuole espressività. Questo è l'insegnamento che mi ha dato Roberto Murolo. Con questo spirito eseguo Reginella in suo ricordo.

Per il resto sono un musicant e, come quelli che accompagnavano gli emigranti, e per i ritmi esotici mi sono ispirato a Carosone».

Commenti