Cultura e Spettacoli

Aristocratico inglese con una vita di abusi. Ecco Cumberbatch in "Patrick Melrose"

L'attore britannico interpreta un uomo segnato dalla sua adolescenza

Aristocratico inglese con una vita di abusi. Ecco Cumberbatch in "Patrick Melrose"

All'origine c'è uno dei cicli di romanzi più belli e disturbanti della letteratura britannica. Il ciclo dei Melrose scritto dal giornalista Edward St Aubyn. In cinque libri St Aubyn (classe 1960) rielabora e trasfigura la sua vita trascorsa in una disfunzionale famiglia dell'alta società britannica. L'alter ego di St Aubyn, Patrick Melrose, affronta (sulle orme del suo creatore) la morte di entrambi i genitori, problemi di alcolismo, una dipendenza da eroina, e successivamente la guarigione, il matrimonio e la paternità.

Temi davvero forti e difficili da portare in una serie televisiva. Eppure Patrick Melrose, la serie che sarà trasmessa da Sky Atlantic dal 9 luglio (ogni lunedì alle 21 e 15) riesce a portarli sullo schermo con un misto di cinismo, ironia British, e senso del tragico sapientemente tenuto sullo sfondo e mai buttato in faccia al telespettatore in cerca di emozioni facili. Merito essenzialmente di due fattori: la sceneggiatura perfetta di David Nicholls (che è anche apprezzato scrittore) e l'interpretazione magistrale di Benedict Cumberbatch (Sherlock, The Imitation Game).

Sia chiaro, le cinque puntate della fiction (anche se meno del libro) sono un vero pugno in un occhio. Incontriamo Patrick Melrose subito dopo che la morte del padre gli viene annunciata al telefono. Da subito i flash back di memoria del protagonista ci fanno intuire che il ricco genitore doveva essere tutt'altro che un buon uomo. E che la madre si è limitata, nel migliore dei casi, a girare gli occhi dall'altra parte, fingendo di non vedere gli abusi.

Ma il male non è sepolto nel passato, si infiltra in ogni attimo della vita di Patrick e si trasforma in una dipendenza devastante dagli stupefacenti.

Cumberbatch recita alla perfezione questo inferno fatto di siringhe, cocaina, alcool, voci nella testa e tentazioni suicide. Il risultato è una narrazione mai moraleggiante, spesso psichedelica e allucinata, in cui si possono vedere gli effetti di una vita spaccata in due. Patrick è da un lato un ricco gentleman con una educazione superiore e una grandissima intelligenza, venata da humour britannico. Dall'altro un essere fragilissimo e segnato dalla violenza i cui tentativi di disintossicarsi franano sul cadavere del padre (di cui è andato a recuperare le ceneri a New York). Alla fine il protagonista dopo aver toccato il fondo sterzerà verso la redenzione e la speranza in un percorso che, per parossismo autodistruttivo e battute folgoranti, potrebbe collocarsi a metà tra The Wolf of Wall Street (senza amore vile per il denaro, non è da inglesi eleganti) e Trainspotting (senza bassi fondi perché anche i ricchi piangono).

Il risultato è un prodotto indubbiamente ben fatto e coinvolgente - ma ribadiamo non per tutti - e dietro a Cumberbatch che mette in scena ogni virtuosismo espressivo (quasi a rischio dell'eccesso) c'è un cast inossidabile in cui spiccano Hugo Weaving (Matrix, Il Signore degli Anelli) e Jennifer Jason Leigh (Twin Peaks).

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