Cultura e Spettacoli

Tra Assayas e Welles, due film per pochi intimi

Il primo fa a pezzi l'intellighenzia parigina, il secondo (ritrovato) parla di se stesso

Tra Assayas e Welles, due film per pochi intimi

nostro inviato a Venezia

Ci sono giorni in cui al Lido servirebbe una doppia vita. Una per seguire i film per tutti ieri quello «di genere» dei fratelli Coen e quello superpop con Lady Gaga. E una per gustarsi i film per pochi ieri la sofisticata commedia Doubles vies di Olivier Assayas, e il capolavoro perduto e ritrovato di Orson Welles presentato qui a Venezia in prima mondiale. Avendo una sola vita, per un giorno abbiamo lasciato ad altri Hollywood e red carpet. E noi ci siamo infilati in una maratona biblio-cinefila da Leone d'oro. Quattro ore e mezzo in sala, con l'intervallo di uno Spritz, per due opere così poco popolari (film, come si diceva una volta, «da festival» o, come mette in bocca a uno dei suoi personaggi Orson Welles, «per giornalisti e per maniaci») che un'altra occasione del genere non ci capita più. Infatti, cosa ci capita ieri? Un film che parla di libri, e un film che riflette sul cinema. Da entrambi i quali i critici e gli intellettuali ne escono a pezzi peraltro: nel primo caso fanno la figura dei cretini, nel secondo delle macchiette. Venezia, a volte, sa essere perfida.

Perfido, sottile, intelligente, Olivier Assayas mette in scena da una parte due coppie e qualche scambio sentimentale, come suggerisce il titolo francese (Doubles vies), e dall'altra finzione fattuale e fantasia autobiografica, come allude il titolo italiano (Non-fiction). C'è un editore che preferisce i libri di carta agli e-book, sedotto dalla nuova responsabile delle innovazioni digitali. Una moglie (Juliette Binoche, la più brava) che fa controvoglia l'attrice tv ed è attratta dall'amico scrittore. Lo scrittore che crede al romanzo ma non all'invenzione narrativa. E una giornalista social addicted che cura l'immagine pubblica di un politico che vuole mantenere segreto il suo privato. Tra crisi del libro e morte della critica, fra mercato degli e-book che non decolla e la nuova moda degli audio-libri («Funzionano. Facciamone uno con un'attrice famosa. Possiamo chiedere a Juliette Binoche, che ne dici?»), tra best e soprattutto worst seller, premi letterari votati online, Twitter come una nuova forma di Haiku e blogger fanatici (aggiungete le discussioni su post verità e fake news), la commedia francese è un micidiale catalogo dei luoghi comuni culturali all'epoca della rivoluzione digitale. Film parlatissimo sulla scrittura, in cui c'è spazio anche per la morale (in un'epoca di smaterializzazione del reale, rimane alla fine la concretezza di una maternità imprevista), Doubles vies fa a pezzi l'intellighenzia parigina radicalmente narcisistica e politicamente chic (così simile a quella italiana) che porta le giacche di velluto con le toppe, è fedele agli ideali finché non toccano il portafoglio (se c'è da vendere la casa editrice a un intrallazzatore danaroso, che problema c'è?), e che il sesso lo fa guardando Star Wars ma citando Il nastro bianco di Haneke, molto più engagée, quando lo racconta in pubblico. Un film, avrete capito, irresistibile per chi frequenta quei salotti in cui fra dieci persone sedute a tavola nove hanno scritto un libro. Ma viene da chiedersi tutti gli altri? Fuori da un festival, il film coltissimo dell'irriverente Assayas, che fine farà?

Che fine avesse fatto invece The Other Side of the Wind - l'ultimo film girato da Orson Welles tra il 1970 il '76, mai terminato, mai distribuito e poi scomparso - lo sapevano in pochi. Poi il miracolo. Il ritrovamento delle bobine, il restauro, una colonna sonora scritta per l'occasione, un team di montatori ad hoc, i soldi di Netlix ed ecco l'evento più cinematografico della Mostra. E a Venezia riapparve l'Orson perduto. Un film (per cinefili malati), fatto da un regista-icona, che racconta la storia, tutta in una notte a cui però mancano diversi «fotogrammi», di un regista sul viale del tramonto, interpretato da un gigantesco John Huston, alle prese siamo nel puro metacinema al quadrato - col suo ultimo attesissimo capolavoro. Riuscirà a finirlo? Per quanto riguarda l'intera visione, non tutti gli spettatori in sala al netto della capacità visionaria di un Orson Welles in fase psichedelica ci sono riusciti..

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