Cultura e Spettacoli

La bacchettata

Quando la sera è calata nella conca incantata della Piazza del Duomo di Spoleto è scoccato l'attimo perfetto perché l'Orchestra Giovanile italiana, sotto la guida di Jérémie Rhorer, attaccasse l'impressionante vortice di cupezza, con cui si apre il Prologo di Jeanne d'arc au bûcher. Introibo apocalittico dell'oratorio drammatico di Paul Claudel e Arthur Honegger (1935), che nella guerra dei Cento anni specchiava il folle secondo conflitto mondiale. Risentito oggi l'oratorio è una cattedrale sonora e verbale che esalta la voce recitante (Giovanna d'Arco commissionata dalla grande ballerina-attrice Ida Rubinstein e parte amata da Ingrid Bergman). La protagonista è discesa lentamente dalla sommità della piazza su un cavallo bianco. Da quel momento tutti gli occhi e le orecchie si sono concentrati sulla Jeanne di Marion Cotillard. Con gli occhi fissi davanti a sé dialogava con le sue voci di dentro, con le sante predilette, quasi incurante di Frère Dominique (un misurato giovane sacerdote Georges Gay), del fango delle accuse, della violenza che la circonda, della paura di morire, perché fin dal primo momento e già nel suo al-di-là. La voce naturale della Cotillard aveva una forza straordinaria per infiammare la parola di Claudel, come il rogo che si accendeva sulla destra della piazza, alfa e omega della vita della pastorella di Domremy e della sobria mise en espace di Benoît Jacquot.

Un mosaico di ricordi che ci lascia nel candore delle voci bianche (i bravissimi di Santa Cecilia) che esaltano la virtù più alta di Giovanna: donare la vita per chi si ama.

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