Cultura e Spettacoli

La biblioteca estrosa del rigoroso Manganelli

Da Amelia Rosselli a James Hanley, le scelte editoriali controcorrente dello scrittore

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La biblioteca estrosa del rigoroso Manganelli

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Davide Brullo

Quasi un totem. C'è una specie di religiosa venerazione verso Giorgio Manganelli, anzi, una vera e propria idolatria. Basti ammirare le Estrosità rigorose di un consulente editoriale del «Manga», curate con adamantina dedizione da Salvatore Silvano Nigro per Adelphi, 227 pagine di letterine e schedine di lettura manganelliane e 100 di commento (il tutto a 15 euro). Nella biblioteca ideale di Manganelli, estratta dal proprio laboratorio di consulente editoriale, stanno bene Amelia Rosselli («sarebbe un eccellente acquisto», scrive nel 1967, purché le si venga incontro «nelle esigenze tipografiche e magari economiche»), Robert Penn Warren («scrittore arduo, intricato, oscuro»), Flannery O'Connor (i saggi di Mystery and Manners «mi sembrano di grandissima intensità, una densità intellettuale inconfondibile»), Sebastiano Vassalli (Narcisso «è una euforica bisboccia verbale»), Dylan Thomas (le sue lettere «sono una cosa splendida, tra gli esempi più straordinari della prosa di un grande prosatore»), Anthony Burgess (ma non quello di Arancia meccanica, piuttosto di M/F), ma soprattutto Flann O'Brien, che con L'archivio di Dalkey ha scritto «una assai curiosa e amabile grulleria», con somma «proliferazione di follie e stoltezze».

Autoinzuccamento e j'accuse. La raccolta di schede manganelliane (tranquilli, in calce avete l'«Indice dei nomi») va letta in due modi. Da una parte è un raffinato autoinzuccamento di Adelphi (per cui Manganelli ha lavorato e di cui Adelphi pubblica tutto, comprese le liste della spesa scordate nel cassetto): parecchi libri schedati da Manganelli giacciono ora nell'illustre catalogo della casa editrice di Roberto Calasso, per cui se vi prude la voglia sapete dove comprare. Dall'altra parte il tomo va usato come affilato j'accuse contro l'accidia editoriale odierna. Che fine hanno fatto autori come John Wain (che non è l'attore, ma il cow boy degli Angry Young Man inglesi), William Gerhardie, Nigel Dennis (autore, con Carte d'identità, di «un libro straordinario»), Donald Windham, Nina Bawden e poi Clancy Sigal, Mochtar Lubis, Ada Leverson, Virgilia Peterson, James Hanley, tutti presentati e promossi da Manganelli, ormai fototessere nel cimitero dell'editoria italica? Perché si è intiepidito lo spirito avventuriero degli editori nostrani? «In proposito, si potrebbe avanzare la seguente ipotesi:», così Manganelli concludeva Hilarotragoedia.

Completate voi.

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