Cultura e Spettacoli

Il boom (creativo) E in vent'anni nacque una nazione

Nel dopoguerra ci fu una esplosione artistica in Italia. Poi venne il 1968...

Il boom (creativo) E in vent'anni nacque una nazione

Il titolo fa pensare al primo kolossal muto del cinema americano diretto da David W. Griffith e invece Nascita di una nazione, la mostra che apre domani al Palazzo Strozzi di Firenze, si riferisce al periodo più fecondo di arte e cultura italiana nel XX secolo, compreso tra l'immediato dopoguerra e il 1968, segnato in particolare dal miracolo economico e da una inedita ricchezza. Taglio indubbiamente originale: mentre da più parti si celebrano i cinquant'anni della (mancata) rivoluzione, il curatore Luca Massimo Barbero sembra ribadire un pensiero che altri intellettuali hanno sollevato. Il '68 chiude un'epopea straordinaria in quanto a creatività, entusiasmo, energia, voglia di nuovo che non si è più ripetuta. Anzi, lo spostamento sul piano politico non ha fatto bene all'arte, valletta delle ideologie. E questo svuotarsi progressivo e irreversibile ci conduce alla desertificazione del presente.

Scorrendo in parallelo la linea del tempo e movimenti artistici non si può non restare travolti dal continuo e rapidissimo ricambio generazionale. Si comincia coll'aspro dibattito tra figurativi e astratti, ovvero tra la versione conservatrice dell'arte promossa dal Pci e le nuove tensioni aniconiche internazionali, raccolte da buona parte dei giovani pittori emersi dopo il '46, per esplorare le esperienze che partono dall'Informale tentando di superarlo in modalità originali con i buchi, i tagli, gli interventi ambientali di Fontana, i materiali anomali di Burri, il meccanicismo di Colla. Il passaggio successivo, tra la fine degli anni '50 e l'inizio '60 impone il monocromo come superamento definitivo della pittura, in linea con ciò che accade in Germania e negli Usa: chiunque voglia dirsi pittore elimina il soggettivismo dell'astrazione gestuale per avvicinarsi al cosiddetto grado zero. Manzoni, Scarpitta, Castellani, Bonalumi e ancora Fontana spingono l'arte italiana verso la definitiva internazionalizzazione, prima dell'arrivo dell'Arte Povera, ultimo straordinario episodio di questo ventennio così fluido e mobile. In mezzo la Pop Art, che non si assoggetta al modello americano sviluppando piuttosto la linea critica e corrosiva che necessariamente incontra la politica, mentre la società comincia a fremere. Le date chiariscono, una volta in più, che i primi anni '60 hanno rappresentato la vera svolta, come peraltro nella musica, nella letteratura, nel cinema e nel costume, inanellando una serie di atti di rivolta in chiave beat e hippie certo più autentici del dogmatismo marxista che ha imperversato dopo il '68. Un'aria di libertà che si respira anche e soprattutto nella molteplicità di segni, immagini, materiali, senza una linea precisa: i tre di Piazza del Popolo Schifano, Angeli, Festa - le pitture imbottite di Tacchi, le sculture lignee ambientali di Ceroli, i Gesti tipici di Lombardo, i décollages di Rotella, tra gli altri, spostano ancora una volta la Capitale dell'arte a Roma. Non escludendo i primi vagiti del concettuale.

Ricca di informazioni e rimandi, attraverso una precisa ricostruzione dei fatti e degli eventi italiani, Nascita di una nazione si snoda come un racconto attraverso ottanta opere tutte di eccellente livello e background. Didatticamente imprescindibile per ripercorrere un tempo in cui eravamo Nazione.

Luca Massimo Barbero è curatore coraggioso, oltre che preparatissimo: scomodare una parola così forte non ci sembra affatto casuale e la scelta gli fa onore.

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