Cultura e Spettacoli

Caccia alle streghe, ma per "salvarle"

Un romanzo-inchiesta (basato su fonti storiche) nei Carpazi Bianchi

Caccia alle streghe, ma per "salvarle"

Nel 1980, qui in Italia studentesse, operaie, casalinghe e intellettuali gridavano ancora, in corteo «Tremate, tremate, le streghe son tornate!», mentre nelle sale usciva Mia moglie è una strega di Castellano e Pipolo, film del genere commedia fantastica in cui non poteva mancare una scena di corteo femminista. Come a dire che già delle neo-streghe, o post-streghe si poteva quantomeno sorridere. Studentesse, casalinghe, operaie, intellettuali italiane, nonché Castellano, Pipolo, Renato Pozzetto (lo «stregato») ed Eleonora Giorgi (la «strega») non sospettavano però che contemporaneamente, in Cecoslovacchia, le streghe vere erano ancora in attività, anche se la gente le chiamava «dee», in ossequio ai loro poteri in fatto di guarigioni, filtri amorosi, vendette senza colpo ferire e scongiuri anti tempeste.

Il 1980 è anche l'anno di nascita di Katerina Tucková, che strega non è mai stata né mai sarà, ma che sulle streghe dei Carpazi Bianchi, la catena montuosa che dal 1993, dopo la «rivoluzione di velluto», separa Repubblica Ceca e Slovacchia, ha scritto un libro. Anch'esso stregato. Nel senso che quando ti sembra un «giallo» d'un tratto diventa un saggio, quando ti pare una favola si trasforma in un'inchiesta, e quando stai per catalogarlo fra i romanzi storici ti scivola dalle mani e va a depositarsi sul sofà del «sentimentale».

L'eredità delle dee (Keller editore, pagg. 416, euro 18,50, traduzione di Laura Angeloni) è una pozione realizzata con tutti i citati ingredienti e che richiede un atto di fiducia al lettore, chiamato a trangugiare tutto dalla prima pagina, senza farsi domande, affidandosi alle facoltà dell'autrice. La quale dall'inizio alla fine prende le parti (se non la parte) di una nipote di strega, Dora, adottata a sei anni dalla zia Surmena, insieme al fratellino Jakub di quattro, gravemente handicappato. La scena del crimine, cioè dell'uccisione della mamma a colpi di accetta per mano del papà, è anche la scena madre del libro e risale al 1966. Quell'evento tragico segna l'esistenza di Dora la quale, divenuta adulta, non si accontenta della tesi di laurea dedicata alle dee di Zítková che le vale l'assunzione all'Istituto di etnografia e folklore dell'Accademia delle scienze di Brno (per inciso, città natale dell'autrice). Vuole scavare più a fondo nel mondo delle dee, senza fare sconti a nessuno, nemmeno in famiglia.

«Pur essendomi ispirata alla vita di donne realmente vissute a Zítková - dice Katerina Tucková nella Nota conclusiva - non tutto ciò che ho scritto corrisponde a verità». Non tutto, ma molto sì. Perché, come accennavamo sopra, L'eredità delle dee porta in eredità al lettore molte pagine di storia. Dalle leggende medievali sulle fattucchiere ai processi e ai roghi, dai libri maledetti come il Malleus maleficarum ai deliri orgiastici di un prete molto materiale e poco spirituale, dalla fascinazione che le streghe locali esercitarono durante la seconda guerra mondiale sugli occupanti tedeschi, eccitati all'idea di trovare, fra le erbe secche e le formule mormorate a mezza bocca di quelle signore i fili rossi utili per risalire alle radici dell'arianesimo, alla stretta sorveglianza tramite informatori cui il regime comunista sottopose Surmena e le altre. Le rivalità fra dee per il primato nella credulità popolare, una bimba figlia della colpa, cioè della relazione di una di loro con un nazista, i lampi di follia di un regime e il gretto oscurantismo dell'altro, soprattutto la doppiezza del più diabolico dei personaggi, naturalmente un uomo, sono tutti figli dei documenti che Katerina (insieme a Dora...) ha consultato.

E, dopo averli abilmente legati insieme, li ha arricchiti con la passione per i lati più oscuri della propria terra, riservando uno sguardo compassionevole alle «sue» dee. Che avranno avuto anche tanti difetti, ma alla fine erano sempre vittime.

Forse perché «non guardano mai le proprie carte».

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