Cultura e Spettacoli

Una "Caccia al tesoro" fra commedia e omaggi alla Napoli dei grandi

Il film dei Vanzina ha un'anima partenopea. Con San Gennaro, Totò e buoni sentimenti

Una "Caccia al tesoro" fra commedia e omaggi alla Napoli dei grandi

Nel cuore di Napoli, San Gennaro fa la grazia: i ladri rubano per bontà, i camorristi hanno un cuore d'oro e il malatino torna in salute. È la favola bella di Caccia al tesoro (da domani con Medusa), commedia di Carlo Vanzina che insieme al fratello Enrico firma soggetto e sceneggiatura d'un film d'azione divertente, giocato tra Partenope, Torino e Cannes. Dove l'omaggio al cinema di papà - non nel senso intellettualistico in cui l'intendono i Cahiers du Cinéma, ma nel senso tecnico vero e proprio di filiazione riconosciuta - è costante: non a caso Steno, padre dei fratelli Vanzina, ha reso celebre la comicità napoletana dirigendo Totò, Peppino De Filippo e Bud Spencer in Piedone lo sbirro. «Per celebrare questa gloriosa tradizione abbiamo preso spunto dal mitico film di Dino Risi Operazione San Gennaro. Anche nel nostro film si racconta un colpo, ma con modalità totalmente diverse da quelle di Risi. La nostra non è una banda di professionisti, ma una sprovveduta banda di poveri uomini del 2017», spiega Enrico Vanzina.

La storia è quella d'un attore teatrale, indebitato fino al collo (Vincenzo Salemme) e costretto a vivere in casa della cognata (Serena Rossi), vedova di suo fratello e madre di un bambino malato di cuore. Il piccolo potrebbe morire, salvo operarsi negli Usa: ma chi possiede i 160mila euro necessari ad affrontare il viaggio a Rochester? Madre e zio s'inginocchiano davanti alla statua di San Gennaro per chiedere la grazia e, stranamente, una voce li autorizza a prendere uno dei gioielli della sua mitra, tempestata di pietre preziose. In realtà, quella voce proviene dalla strada: si tratta d'un parcheggiatore che guida i clienti... Però la caccia al tesoro, ormai, ha inizio: mamma e zio, convinti d'avere la benedizione di San Gennaro, avranno anche l'aiuto di Ferdinando (Carlo Buccirosso), Cesare (Max Tortora) e Claudia (Christiane Filangieri), pronti a sostenere ogni rischio. Sempre improvvisando, come a teatro.

«Abbiamo rimesso insieme la coppia più affiatata della commedia napoletana: Salemme e Buccirosso. Il loro talento comico trasforma questa stria napoletana in una vera e propria commedia italiana, godibile per tutto il pubblico nazionale», dice Enrico. Soprattutto, c'è Napoli in questo racconto sospeso fra speranza e disperazione. Una città viva e solare, con Castel dell'Ovo e il mare e il Vesuvio carezzati da una regia innamorata di Partenope. «Nel momento in cui Napoli è raccontata a senso unico, tra droga e soperchierie camorristiche, abbiamo voluto riportarla al centro della comicità italiana», chiarisce Enrico. E la scena del finto affitto d'un locale, da parte d'una ditta di pompe funebri, proprio accanto a un fiorente centro d'abbronzatura, ripropone un canone di spensieratezza popolare ormai abbandonato. Il guizzo monicelliano, che cita I soliti ignoti, con la banda del buco e gli equivoci da dilettanti, conferisce uno swing tutt'altro che perfido. Forti del successo di Non si ruba a casa dei ladri e memori delle sòle di Febbre da cavallo, i Vanzina riprendono il filone delle truffette date e ricevute: è tutto così italiano. Come il senso del teatro, implicito nella vita.

«A teatro si vivono emozioni che, nella vita, si recitano male. Il tocco favolistico, poi, è anche quando il Torino batte la Juventus», scherzano i Vanzina, che non hanno potuto girare nel Duomo di San Gennaro, per motivi di sicurezza, ma si sono resi conto, spostando il set sul Museo del Tesoro di San Gennaro, di quanto tale sito versi nell'incuria. «Il cinema è un'opera collettiva: il finale del film ci è stato suggerito da una persona della troupe. Per questo sono rimasto sconvolto quando hanno tolto l'Oscar a Kevin Spacey e da quanto è accaduto a Fausto Brizzi, il cui nome è tolto dal suo film in uscita. Il tempo è galantuomo e cancellerà le onte: la memoria è la memoria.

Cancellarla è un atto nazista», scandisce Enrico Vanzina.

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