Cultura e Spettacoli

Cage, il sacerdote del silenzio che sconvolse il suono del '900

L'allievo di Schönberg ha composto (tra l'altro) la più lunga «esecuzione» di sempre: 639 anni. Finirà nel 2640

Cage, il sacerdote del silenzio che sconvolse il suono del '900

Se vi capitasse di passare per Halberstadt, in Germania, nella disadorna chiesa di Sankt-Burchard (sotto il regime comunista era una stalla) trovereste un organo scheletrico (il più antico organo esistente, tra l'altro) e sentireste un lieve suono, ininterrotto, perenne, ma non vedreste alcun organista alla tastiera, bensì dei pesi in corrispondenza dei tasti. Beh, sappiate che stareste assistendo a un frammento della più lunga esecuzione al mondo e nella storia della musica. Il brano oggetto di questa performance da record è Organ2/ASLSP (As SLow aS Possible) di John Cage e durerà 639 anni. Iniziata nel 2001 (iniziata si fa per dire: il brano inizia con una pausa, per cui il primo suono si è udito nel 2003), si concluderà almeno nelle intenzioni nel 2640. I cambi di accordo avvengono con parsimonia: l'ultimo nel 2013, il prossimo nel 2020.

Cage (1912-1992), che fu allievo di Schönberg, non conosceva le mezze misure: sregolato, provocatorio, anti accademico, è stato uno dei compositori più anticonformisti del XX secolo.

Nel 1952, il compositore di Los Angeles fu al centro di un vero e proprio sovvertimento che la musica classica mai aveva conosciuto. Era il 29 agosto, a Woodstock, in un concerto del pianista David Tudor. Il musicista entrò sul palco, sedette alla tastiera del pianoforte, chiuse il coperchio e fece partire un cronometro. Dopo trenta secondi staccò il tempo, aprì il coperchio, un attimo di pausa e lo chiuse nuovamente. Via il cronometro. Dopo due minuti e ventitré secondi stessa scena che si ripeté per una terza volta dopo un minuto e quaranta secondi. Fine. In piedi per gli applausi. Gli ascoltatori (in realtà in molti abbandonarono la sala) non avevano ascoltato una sola nota. Era la prima esecuzione di 4'33''. Cage, da quel rivoluzionario concerto, fu il sacerdote del silenzio. In realtà, volle dimostrare che il silenzio non può esistere: «Non esiste una cosa chiamata silenzio. Accade sempre qualcosa che produce suono», come in quei 4 minuti e 33 secondi, benché non fosse stata suonata nessuna nota, si udì il sibilo del vento, il colpo di tosse, il borbottio dei presenti, i clacson per strada e via dicendo.

La rivoluzione di Cage, in realtà, era iniziata negli anni Quaranta con l'esatto opposto del silenzioso pianoforte di 4'33'', ovvero con il rumoroso «pianoforte preparato», un piano con pezzi di metallo, viti, bulloni, legni, vetri tra le corde con lo scopo di distorcere il più possibile il suono. Quello di Cage e i suoi esperimenti pianistici lo suggeriscono non fu solamente un curioso capovolgimento del ruolo del musicista, che viene a maneggiare non più materiale sonoro intonato bensì scordato laddove non addirittura assente, ma anche, come disse Pierre Boulez, un ribaltamento delle «nozioni acustiche dell'Occidente». Insomma, una figura che, comunque la si pensi, ha rivoluzionato la musica occidentale (e non solamente quella classica).

In Italia, oggi, chiunque voglia avvicinarsi al folle genio di Cage dovrà ormai forzatamente fare riferimento a Il Saggiatore che, in poco tempo, ha dedicato al compositore di Los Angeles un paio di testi a nostro parere definitivi. Nel 2017 la monografia Musicage (pagg. 537, euro 34), volume frutto di alcune mirabolanti conversazioni che Cage tenne con Joan Retallack. Ora, un'elegante edizione di Silenzio (pagg. 320, euro 42) nella traduzione di Giancarlo Carlotti e con la prefazione di Kyle Gann. Nel volume, pubblicato da Cage nel 1961, sono contenuti ventitré testi che vanno dal 1937 al 1961. La natura degli scritti è varia: si va da semplici articoli fino a saggi tecnici o conferenze.

Che la posizione di Cage di fronte alla musica non fosse delle più tradizionali risulta chiaro sin da uno dei primi testi, Il futuro della musica: il mio credo: «Se la parola musica è sacra e dev'essere riservata agli strumenti del Sette-Ottocento, potremmo sostituirla con un termine più significativo: organizzazione del suono». Ed è proprio questa estrema attenzione al fenomeno sonoro in sé stesso, come testimoniano gli esperimenti cageani citati in apertura, a caratterizzare l'opera del compositore americano. Basti leggere Composizione, due articoli nei quali Cage descrive minuziosamente il processo compositivo usato in Music of changes e Imaginary Landscape no. 4 e in Music for Piano 21-52: si tratta di opere «composte» (tra virgolette) scegliendo le note casualmente tramite il lancio di monete o usando l'I-Ching, metodo che garantiva, secondo Cage, la creazione di musica «libera dai gusti e dai ricordi dell'individuo e anche dalla letteratura e dalle tradizioni dell'arte».

Musica folle e geniale. Per Cage, prima di tutto veniva il suono: il suono solitario e immutabile di quell'organo in Germania, il suono di qualunque evento accidentale durante il «silenzio» di 4'33'', il suono distorto e ogni volta diverso del pianoforte preparato, il suono imprevedibile e non voluto dell'aleatorietà che «una volta che accade autenticamente è».

Silenzio, suona Cage.

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