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La campionessa senza trofei dell'America più oscura

Margot Robbie interpreta la pattinatrice tormentata che fu radiata dopo l'aggressione a Nancy Kerrigan

La campionessa senza trofei dell'America più oscura

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da Los Angeles

Quando lo sport non è motivo di riscatto sociale, anzi, è il contrario. È questo il brutale messaggio, capace di assestare pugni nello stomaco agli spettatori di I, Tonya, il film di Graig Gillespie che vede protagonista (e produttrice) Margot Robbie e che ha consegnato, due domeniche fa, un Oscar come migliore attrice non protagonista a Allison Janney.

Il film sarà nelle sale italiane il 29 marzo e promette di mostrare una realtà cruda e ancora attuale: l'America delle città rurali, dei red-neck, della white-trash, la spazzatura bianca, epiteto appioppato alle fasce sociali più disagiate della popolazione bianca americana. Realtà nelle quali essere bravi in uno sport, essere addirittura dei campioni, non sempre basta, non sempre permette il riscatto.

Tutto questo è ben spiegato in I, Tonya che racconta l'esperienza sportiva della pattinatrice Tonya Harding, partendo da un fatto di cronaca. Nel 1994 la sua rivale Nancy Kerrigan venne aggredita e ferita a un ginocchio. Fu uno dei più grandi scandali della storia dell'America sportiva di quegli anni. L'attacco, perpetrato da un esecutore mandato dal marito della Harding, non ebbe l'effetto sperato e la Kerrigan vinse la medaglia d'argento alle Olimpiadi di Lillehammer, in Norvegia, mentre la rivale non conquistò nessuna medaglia. In seguito la Harding fu condannata a tre anni di libertà condizionata, al pagamento di una multa da 100 mila dollari e soprattutto alla punizione più grave: l'interdizione perpetua da ogni competizione sportiva. Divenne una wrestler, per sbarcare il lunario.

Il film di Gillespie non descrive tanto la rivalità sportiva fra le due pattinatrici né l'episodio di cronaca in sé, quanto si focalizza sull'ambiente sociale in cui la Harding è cresciuta e ha sviluppato la sua passione per il pattinaggio. Un padre assente, una madre anaffettiva e crudele. Tonya Harding oggi ha 46 anni ed è a sua volta madre di famiglia, non rinnega quell'errore, accusa l'ex marito di essere stato il vero ideatore dell'agguato e racconta una vita di abusi compiuti dalla madre LaVona Golden: «Mi picchiava ogni giorno, non ero mai brava abbastanza». La vera Tonya ha accettato di fare da consulente al progetto cinematografico. «Se incontrassi la mia rivale oggi vorrei abbracciarla - ha detto a Oprah Winfrey Siamo riuscite a passare oltre, quell'episodio fa parte della nostra storia, lo farà per sempre, ma siamo riuscite entrambe a lasciarcelo alle spalle, io personalmente sono fiera di lei». Per Margot Robbie, protagonista e produttrice del film, «non è affatto la storia di una malata rivalità sportiva, quanto una vicenda che vede le sue radici nelle disparità sociali e razziali dell'America contemporanea. Tonya non era mai brava abbastanza, non solo per la madre ma anche per i giudici sportivi e il loro giudizio era di parte. Era purtroppo legato al pregiudizio nei confronti di una ragazza che rappresentava e portava in gara un'America da nascondere sotto il tappeto del salotto buono».

Il film ha subito dure critiche da parte di chi si occupa di violenza domestica, per come gli abusi e le violenze subite dalla protagonista sono descritte e rese spettacolari, un po' alla maniera di Tarantino, ma la Robbie non è di questo parere. «Ho visto tutti i filmati esistenti di Tonya Harding e in uno di questi, girato quando aveva solo 15 anni, lei dice alla telecamera: Mia madre è un'alcolista e mi prende a botte. La cosa tremenda della violenza domestica è il circolo chiuso in cui s'infila la vittima, il marito di Tonya era anch'esso un violento. Le vittime di violenza di solito tendono a cercare, ad innamorarsi di altri violenti. Noi abbiamo voluto descrivere questo circolo vizioso, non certo spettacolarizzarlo».

Venticinque anni dopo non è ancor chiaro il ruolo della pattinatrice in quell'aggressione. Sapeva delle intenzioni del marito? Una volta che le ha scoperte, come mai non lo ha denunciato? «A metà film ci siamo fermati e abbiamo aperto un dibattito dice Margot Robbie Il fatto è che ogni persona coinvolta in quella triste vicenda ha la sua verità e non necessariamente è una bugia. La gente si costruisce una sua versione dei fatti, semplicemente per riuscire a vivere con se stessa.

Non so cosa successe veramente, ma è mia opinione che Tonya sia stata trattata troppo duramente, non meritava la punizione subita, non meritava quell'interdizione perpetua dal suo tanto amato ghiaccio».

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