Cultura e Spettacoli

"Cantando una canzone sono diventata Dalida"

La protagonista del film sull'artista francese: "La sentivo vicina, ma ho dovuto studiarla"

"Cantando una canzone sono diventata Dalida"

nostro inviato a Sanremo

Bella, determinata, ma nel contempo gentile e dolce, con quel velo di tristezza negli occhi nocciola che ricorda proprio Dalida. Non per nulla Sveva Alviti, romana di 32 anni, fino a poco tempo fa sconosciuta modella, è stata scelta dai francesi per interpretare uno dei più grandi miti d'Oltralpe. Dalida era italiana, Iolanda Cristina Gigliotti all'anagrafe, nata al Cairo ma di origini calabresi, i suoi genitori erano di Serrastretta, paesino arroccato sulle montagne presilane, ma i francesi mai avrebbero immaginato di affidarne il ricordo cinematografico a una italiana.

Poi è arrivata lei, in cerca del primo vero ruolo al cinema e alla fine di un provino struggente ha sussurrato alla regista Lisa Azuelos: «Je suis Dalida» e la regista ha risposto «Je sais», «lo so». Ieri sera era sul palco dell'Ariston per presentare il film Dalida, coprodotto dalla Rai, in onda mercoledì prossimo sul primo canale. Sullo stesso palco dove esattamente 50 anni fa si consumò la tragedia di Luigi Tenco: lui e Dalida che intonano e Ciao Amore Ciao e dopo qualche ora il suicido del cantante.

Sveva, come è riuscita a convincere i produttori francesi a darle la parte?

«Vivendo sulla mia pelle Je suis malade, uno dei più grandi successi di Dalida. Quando ho cantato quel brano alle selezioni era come se raccontassi me stessa, anche io stavo vivendo un momento di sofferenza sentimentale. Ci ho messo l'anima, alla fine piangevo io e piangevano tutti».

Ha sbaragliato concorrenti come Laetitia Casta e Penelope Cruz, oltre ad altre 200 aspiranti...

«In effetti quando mi sono trovata nella sala prova con quelle due star, ho pensato di andarmene. Poi ci ho provato. Sentivo che quel ruolo era mio».

Prima di essere scelta per un film così importante, aveva fatto solo la modella...

«Sì, ma io sfilavo per poter guadagnare i soldi per partecipare ai corsi di recitazione, ho studiato a New York con Susan Batson, coach di star hollywoodiane. Quando è arrivata la parte giusta, mi sono lanciata. Prima mi ero rifiutata di accettare ruoli in cui non mi riconoscevo».

Insomma, il contrario di ciò che fanno molte sue colleghe...

«Ho sempre sognato di fare l'attrice, mi sono preparata e quando mi hanno scelta per Dalida ho studiato moltissimo. Non sapevo né ballare né cantare e non parlavo neppure il francese. In sette mesi ho imparato tutte e tre le cose. E poi il fratello di Dalida, Orlando, mi ha fatto da guida, facendomi conoscere nel profondo sua sorella».

Dalida, alla fine, dopo una esistenza molto tormentata, ha deciso di andarsene come Tenco, togliendosi la vita. È stato difficile girare la scena della morte?

«Sì, sono tornata a casa distrutta da quella giornata sul set. E mi sono interrogata sulla vita e sulla morte. Mi sono detta che se anche alla fine Dalida ha scelto di andarsene, ha avuto comunque una esistenza con momenti meravigliosi».

Lei aveva una lato oscuro, fragile, un pozzo nero da cui non è riuscita ad uscire...

«Interpretarla per me è stato quasi terapeutico, soffrivo anche io per una relazione sentimentale che si stava chiudendo. Alla fine delle riprese stavo meglio e ora sono felicemente fidanzata con un altro ragazzo».

In Francia, mentre era in corso il set, i giornali francesi la definivano «l'inconnue italienne», «la sconosciuta italiana». Dopo la trionfale première all'Olympia Vogue France ha titolato in prima pagina «Viva Sveva». Un milione di francesi hanno già visto il film. Insomma, come Dalida, un'italiana alla conquista del mondo.

«Calma, calma... Per ora mi godo la gioia dei miei genitori, mio padre orologiaio con una bottega a Roma e mamma casalinga. Poi spero che il film prenda qualche premio ai César, per il resto si vedrà, ma certamente la mia strada è quella del cinema».

LR

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