Cultura e Spettacoli

Caro Luzi, caro Sereni Amici per poesia e non per ideologia

Escono le lettere tra i due scrittori coetanei Fra ansie, critiche, elogi e piccoli pettegolezzi

Caro Luzi, caro Sereni Amici per poesia e non per ideologia

Tra Vittorio Sereni e Mario Luzi c'era una «indicibile simpatia, nel senso più esteso della parola», come scrive lo stesso Luzi a Sereni. Rara avis, ma al plurale, direbbero i poeti. In un mondo come quello intellettuale, ubertoso di invidie, gelosie, rancori, un'amicizia capace di durare nel tempo tra due grandi poeti (i quali di solito, se non litigano, si guardano sospettosi, come Ungaretti e Montale, solo per citare due giganti) è una curiosa eccezione.

Divisi solo da un anno d'età e con una parabola poetica parallela - Sereni nasce nel 1913, la raccolta d'esordio, Frontiera, è del '41; mentre Luzi è del '14, mentre la sua prima raccolta poetica, La barca, è del '35 - i due scrittori saranno uniti da un grande rispetto, anzi da ammirazione. Si leggono l'un l'altro, si studiano, si confrontano (è però Luzi che considera un «maestro» Sereni), si parlano, si frequentano (i primi incontri risalgono al '38, e ancora nel 1980, ad esempio, fanno parte di una delegazione italiana invitata in Cina) e si scrivono, soprattutto. Per una buona parte della vita.

A raccontare la reciproca amicizia poetica tra Mario Luzi e Vittorio Sereni, tra consigli, incoraggiamenti, elogi è oggi il loro stesso carteggio, finora inedito, raccolto sotto il titolo Le pieghe della vita (Aragno, pagg. 214, euro 15; a cura di Francesca D'Alessandro) che copre un arco di tempo lunghissimo, dal 1940 al 1982. Che vuol dire fino all'ultimo. Sereni morirà nel febbraio del 1983. Luzi vent'anni dopo, nel 2005.

E così, attraverso i legami letterari tra i due poeti e «critici» - Sereni e Luzi sanno sempre leggere nel profondo la poesia dell'altro - il carteggio è anche una finestra sul lavoro culturale del nostro '900. I due si confidano letture, pettegolezzi sulle vicissitudini dei giornali a cui collaborano, e in questo nulla sembra essere cambiato rispetto all'oggi («Come va Rassegna? Sono vere le voci sinistre che sento correre sulla sua sorte?» chiede Luzi nell'estate del '49), manifestano apprensioni e falsa modestia sull'uscita dei propri libri (la vanità intellettuale non cambia mai), scandiscono il passare delle «stagioni», dall'ermetismo alla poesia civile. E grazie a Dio, come dirà Luzi in un convegno in memoria, la fortuna dell'ideologia, assillante in quegli anni, fu scarsa in Sereni.

Ah, un'ultima nota. Essendo poeti, la prosa delle lettere è straordinaria.

Ci fossero stati mail e WhatsApp, cosa ci saremmo persi.

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