Cultura e Spettacoli

Un cartone poetico per capire gli orfani

di Claude Barras con animazione

Nel comune sentire, il cartone animato è associato, come genere, a qualche cosa di gioioso, infantile. Un mezzo per evadere, per ritornare bambini (gli adulti al seguito), per educare. La Disney, del resto, su questo ci ha costruito un impero. Però, limitare il potenziale dell'animazione a semplice strumento di divertimento, impedirebbe la creazione di titoli potenti come questo La mia vita da Zucchina, meraviglioso esempio di cinema all'ennesima potenza, come se ne vede sempre più di rado. Merito di Céline Sciamma che ha partorito un capolavoro di sceneggiatura, adattando con tatto, sensibilità ed equilibrio il romanzo Autobiographie de une Courgette di Gilles Paris. Quel che poi è incredibile, è che il tutto si risolva in soli 61 minuti di film, come a dire che per dirigere un capolavoro non serve superare abbondantemente la tenuta fisiologica degli spettatori più piccoli (e non). Zucchina è un bimbo di nove anni che, accidentalmente, uccide la madre alcolista (in suo ricordo, conserva una lattina vuota di birra). Viene mandato a vivere in una casa famiglia dove farà amicizia con un gruppo di problematici coetanei tra i quali Simon, Ahmed, Jujube, Alice e Béatrice. Hanno tutti una storia triste alle spalle, come l'essere vittima di abusi sessuali o di avere genitori delinquenti, per citarne un paio. La casa diventa un luogo di rifugio, dove il sorriso è affidato ad un tabellone che esprime il proprio stato d'animo e dove la fiducia reciproca è l'unico modo per sentirsi parte di una vera famiglia. L'arrivo della dolce Camille (vessata da una zia che punta a gestire la sua eredità) farà palpitare il cuore a Zucchina, dandogli lo slancio per ricominciare. È un cartone, ricordiamo, ma è mirato, anche per le tematiche toccate, ad un pubblico adulto, pur servendosi di un linguaggio quasi infantile (ma non banale). Uno stop motion di un'ora che ti fa innamorare per la sua capacità di raccontare storie crude e tristi con tenera poesia, senza mai intraprendere la via edulcorata. Bastano le prime immagini per catturarti e avvinghiarti, senza mai lasciarti.

Quando si parla di magia del cinema, questa pellicola dovrebbe essere il suo spot.

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