Cultura e Spettacoli

«Casa di bambola», un grande apologo

Ecco Casa di bambola, in un allestimento di singolare efficacia che spinge sull'unico luogo deputato del testo. Ossia il salotto in cui Nora esercita indisturbata il proprio potere fino a dominare sia il marito sia il medico di famiglia. In uno spazio coatto fatto apposta per apparire minuscolo come minuscolo è il potere assunto da chi è moglie e madre. Basta pensare che siamo agli inizi del Novecento, quando Nora agisce e si comporta come una deliziosa farfalla liberty che solo l'arrivo di Kronstad, al quale deve l'ingente somma di denaro procuratale per il viaggio in Italia, sta per mettere un freno. Finché l'armonia si ristabilisce grazie al pentimento del ricattatore che lascia dietro di sé un'eco dolorosa quasi intimidatoria. Dato che Helmar, il consorte, ristabilisce l'ordine momentaneamente compromesso restituendo l'habitat al dominio della sua sposa, prima che Nora, finalmente consapevole del proprio diritto calpestato, si ribelli abbattendo la fragile intercapedine di quella che era soltanto una casa di bambola. Da questo pamphlet celebrato a suo tempo come un grido femminista, il regista Claudio di Palma ha tratto un apologo di rara efficacia insistendo su un potere che inchioda la protagonista schiacciandola. Cui Gaia Aprea, in un disegno di mirabile freschezza, rivela tutta la molteplicità dei suoi mezzi accanto a Paolo Serra e Giacinto Palmarini, ugualmente degni di elogio.

CASA DI BAMBOLA - Napoli, Teatro Mercadante.

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