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"Da cattivo impenitente a giudice antimafia Il bene è più eccitante"

L'attore è protagonista de «Il cacciatore» nuova fiction di Raidue in onda dal 14 marzo

"Da cattivo impenitente a giudice antimafia Il bene è più eccitante"

La notte prima del suo incontro con Giovanni Brusca (disumano responsabile di 150 omicidi, fra cui quello di Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e del piccolo Giuseppe Di Matteo) il magistrato Alfonso Sabella non chiuse occhio. «Lo tormentava un dubbio racconta Francesco Montanari - Stringere o no la mano ad un simile mostro?». Il fatto è che anche i cattivi celano un barlume d'umanità. E perfino i buoni hanno le loro contraddizioni. E' appunto in questa zona grigia che si muove il protagonista de Il cacciatore: sei puntate (dal 14 su Raiuno, e dall'11 in anteprima su Ray Play) in cui Montanari interpreta vizi e virtù di un magistrato molto liberamente ispirato allo stesso Sabella, e al suo libro Il cacciatore di mafiosi.

Il che spiega perché, per dare il volto ad un giudice abbiano scelto una faccia da mascalzone come la sua.

«Beh: talvolta il physique du role gioca brutti scherzi. È vero: il mio ghigno è diventato celebre come quello del feroce Libanese di Romanzo criminale. E in effetti la faccia di un attore è il 90 per cento del suo lavoro. Ma esiste anche la capacità di modellarsi al ruolo. Per fare Saverio Barone (il magistrato ispirato a Sabella) ho dovuto dimagrire vari chili. E tutto perché alla domanda di un suo poliziotto, dottore: ha mangiato?, lui risponde Non ricordo. Il che lo definisce a perfezione. Un uomo così dedito al lavoro, e talmente divorato dall'ambizione, da semplicemente dimenticarsi di mangiare».

Magrezza a parte, che tipo è questo Barone? L'ennesimo eroe dell'ennesima fiction di mafia?

«Ma cos'è un eroe? E cos'è una fiction di mafia? Credo che nel raccontare di un uomo che dà la caccia ai criminali mosso soprattutto da un urgente bisogno di rispetto, e da profondo senso di rivalsa, Il cacciatore non tracci il tradizionale, stereotipato santino, la solita icona tv sul martire antimafioso. No: Barone è un eroe vero. Cioè qualunque. Difetti compresi. Nel senso che anche le persone qualunque, che fanno quotidianamente il loro lavoro secondo i principi del bene, invece di quelli del male, sono degli eroi».

Certo: fa effetto che un esperto di «cattivi» come lei (dal Ferro di Squadra Antimafia al Carminati delle intercettazioni di Mafia Capitale ne ha recitati parecchi) sentir dire che «il bene è più cool del male».

«Ma è vero! Siamo abituati a considerare il male divertente ed eccitante, mentre il bene sarebbe insipido, noioso. Ma è la giustizia, ad acchiappare veramente. E questa serie lo dimostra: il vero cool è il bene!».

Romano de Roma, ha studiato per più di due mesi con un apposito coach per imparare il siciliano.

«Di più. Per imparare a ragionare, in siciliano. Prima delle parole vengono i sentimenti, cui esse danno forma. Ma se l'emotività non è quella del siciliano, difficilmente il tuo dialetto suonerà autentico».

Lei s'è diplomato all'Accademia d'Arte Drammatica e fa molto teatro. Si diverte più in scena o su un set?

«Come non esistono attori di teatro o di cinema, ma solo buoni o cattivi attori, così non trovo differenze fra palcoscenico o teatro di posa. Anzi, no: una differenza c'è. Una volta il teatro era la verità e la fiction era lo stereotipo. Oggi talvolta - i termini si invertono».

Ma essere regolarmente collegato al Libanese di Romanzo criminale perfino quando interpreta lo Zio Vanja di Checov, la secca o piuttosto la lusinga?

«Sarei un bello stupido a seccarmi per l'immensa notorietà, perfino internazionale, che mi ha dato quel ruolo. Certo: da dieci anni in qua ho fatto anche tante altre cose... Basta che sia interpretato come un titolo di merito, e non un pregiudizio».

Ma lei nella realtà com'è davvero? E cos'ha in comune coi plateali scoppi d'ira dei suoi personaggi più temibili?

«Posso rassicurare tutti: nonostante la mia faccia sono un tipo tranquillo. Riflessivo ma anche emotivo. Socievole ma anche solitario. Lavoro sodo, leggo molto, detesto la musica a tutto volume. E sono paziente. Anche troppo paziente. Per questo, come tutte le persone miti, quando davvero perdo la calma perdo anche la testa. Allora, piuttosto che cedere all'ira, preferisco uscire di casa.

E sbollire con una bella passeggiata».

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