Cultura e Spettacoli

Il Dalla che ci manca: un cofanetto deluxe con settanta sue poesie

Da «L'anno che verrà» a «Balla, balla ballerino» i brani più amati insieme a inediti e immagini

Il Dalla che ci manca: un cofanetto deluxe con settanta sue poesie

Parrucchino sgarrupato, orecchino, croce al collo... Questa è l'immagine scolpita nell'anima di chi ha amato Lucio Dalla. Quel Lucio Dalla che continua a vivere grazie al patrimonio delle sue immortali canzoni che nell'anno in cui il cantautore bolognese ne avrebbe compiuti 75 si arricchisce del cofanetto quadruplo Duvudubà, con 70 classici rimasterizzati dai nastri originali, un inedito, alcune rarità e un libretto ricco di aneddoti e fotografie in bianco e nero. L'anno scorso, in occasione dei quarant'anni di Come è profondo il mare, era uscito l'omonimo disco in versione deluxe; ora questa chicca che la Fondazione Dalla e la Sony regalano ad un pubblico quanto mai trasversale. «Lo ascoltano i quindicenni come le persone di ottant'anni dicono alla sua casa discografica ed è molto gettonato anche in streaming».

Imprevedibile e irregolare in tutto, Dalla era (ed è) per la musica quello che Fellini è stato per il cinema, commenta Walter Veltroni (amico di lungo corso del cantante) intervenuto alla presentazione del cofanetto. Dalla era un grande bugiardo, ma un bugiardo in senso buono, uno che inventava storie (vedi Anna e Marco) che si trasformavano in realtà nel nostro animo. «Non le bugie dei furbi o dei cattivi, quelli che vogliono nascondere la realtà - dice Veltroni -. No, Lucio voleva inventarla la realtà». Le sue erano storie picaresche ma al tempo stesso romantiche, tragiche ma intrise di speranza, beffarde ma terribilmente serie senza mai essere noiose, sempre con quel guizzo di fantasia e di libertà improvvisativa data dal suo amore per il jazz. «Dalla è esempio vivente - scrive nel booklet Diego Carmignani di come non esista l'inconciliabilità: ha unito alto e basso, mescolato poesie, rap, preghiere e automobilismo, è stato apolide e cittadino onorario, nordico e uomo del sud, e via dicendo».

Poeta e marinaio ubriaco, troppo avanti con brani come Paff Bum a Sanremo 1966, troppo eccentrico (ancor più dei beat) per non classificarsi ultimo al Cantagiro nei favolosi anni Sessanta, Dalla è il campione del pop assoluto. «Mia madre andava a vedere Lucio esibirsi in parrocchia ricorda Luca Carboni - ; a nove anni era un ballerino prodigio, poi un formidabile fisarmonicista autodidatta, quindi un clarinettista jazz ricercato. Il suo talento era talmente formidabile che ha avuto bisogno di anni per appropriarsene al meglio». «Era il contrario di un perfezionista, nel senso che l'intuizione era quasi pura», sostiene Ron parlando di capolavori come Caruso, che apre il terzo cd. Già, i quattro cd dal suono favoloso, per godere le mille sfumature della voce ineducata ma quanto espressiva di Lucio e i suoi suoni fantasiosi e talora bislacchi, il suo essere aperto ad ogni influenza contro ogni integralismo. C'è prima di tutto l'inedita Starter, che Lucio aveva composto al pianoforte pochi mesi prima di morire, una bella ballata jazzy con un gustoso sax baritono, che è stata mixata e calibrata nei livelli sonori, e di cui è in rotazione anche il video curato da Ambrogio Logiudice. Poi ci sono le rarità: prima tra tutte Il mago pi po po che fu usata come jingle per una campagna Unicef (Dalla, molto religioso, aiutava sempre gli altri, tanto che i primi a dare la notizia della sua morte furono i frati francescani di Assisi). Altra chicca è la versione francese di Ciao, seguita da Sicilia, il divertissement jazz Campione di swing e i due brani Amamus deus e Unknown Love scritti con Robert Sidoli e Beppe D'Onghia.

Il titolo del disco, Duvudubà è una delle tipiche frasi onomatopeiche di Dalla, tratta dalla sigla che scrisse per introdurre il film del lunedì di Raiuno. Nel cofanetto potete ascoltare tutti i classici del cantautore a partire da 4 marzo 1943 che a Sanremo fu censurata. Avrebbe dovuto intitolarsi Gesù Bambino; poi il verso originale «e ancora adesso che bestemmio e bevo vino/ per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino», fu sostituito con il più morbido «e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino/per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino». Il pezzo si classificò terzo al Festival e Lucio disse: «A me il Festival piaceva e l'idea di arrivare a così tante persone era più importante della difesa a oltranza di un verso. Mi hanno chiesto di capire, Sanremo arriva in tutte le case, e io ci ho provato, a capire». Vi potete sbizzarrire passando dalla sarcastica storia d'amore e sesso Disperato erotico stomp, a L'anno che verrà, da Balla, balla ballerino alle automobilistiche Ayrton e Nuvolari arrivando fino a Cosa sarà in duetto con Francesco De Gregori, a La sera dei miracoli e a Com'è profondo il mare (l'album che uscì nel 1977 nella Bologna infiammata dall'autonomia), perché l'obiettivo della raccolta è quello di trasformare la sua opera in un vero work in progress. In fondo Dalla è ancora in mezzo a noi. Non soltanto perché diceva: «La morte è soltanto la fine del primo tempo» (sottolineando la sua fede e la sua passione per il basket) ma anche perché la Fondazione ha ancora in serbo un tesoretto di canzoni inedite che pian piano, nei vari anniversari, verranno pubblicate.

Il prossimo step sarà l'anno prossimo: a febbraio o a marzo, nel quarantennale dell'uscita dell'album Lucio Dalla, il disco verrà ripubblicato remixato e con alcune chicche a sorpresa.

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