Cultura e Spettacoli

Che quartetto superbo per "Torvaldo e Dorliska"

Che quartetto superbo per "Torvaldo e Dorliska"

Cose che capitano al Teatro Rossini di Pesaro. Avere accanto una signora molto distinta (spagnola e valenciana, precisa) che al termine dello spettacolo condivide in termini opportuni e con sicurezza di gusto i valori in campo. A partire dalla prova assai convincente del soprano georgiano Salome Jicia anche la nostra vicina era ancora incantata dallo stile squisito del tenore Mironov nella Pietra del paragone della sera precedente. Spettatori così civili e competenti non sono un fatto casuale, ma frutto di lunga educazione del pubblico al «belcanto» nella città di Rossini. Fatto raro, se si pensa al desolante panorama dei commenti nei «ridotti» anche dei teatri di maggior blasone, dove si passa dalla sicumera dei saputelli nostrani all'indistinta gratitudine forestiera, paga di entrare nei cosiddetti templi lirici.

Invece, in quello scrigno dall'acustica perfetta che è il Teatro Rossini, si può parlare con una vicina che capisce toto corde la qualità della compagnia di canto. Infatti questa ripresa della produzione 2006 del dramma «semiserio» Torvaldo e Dorliska, poggiava su un quartetto vocale superbo. Accanto all'incisiva amorosa Dorliska della Jicia, è difficile pensare a voci più centrate di quella di Nicola Alaimo con il suo cantabile avvolgente per il perfido Duca (uno Scarpia avantilettera in formato rossiniano); di Dimitri Korchak con lo squillo ardito per il gagliardo innamorato Torvaldo, di Carlo Lepore con la misura e il nitore della sillabazione per il buffo custode Giorgio. Il direttore d'orchestra Francesco Lanzillotta guidava con non comune brio le volenterose forze locali (l'orchestra sinfonica Rossini e i coristi del Teatro della Fortuna di Fano), curando il mai facile equilibrio fra palcoscenico e «buca».

Gran cura nei recitativi come nella recitazione, merito anche della simpatia del sempreverde spettacolo di Mario Martone (regia), Sergio Tramonti (scene) e Ursula Patzak (costumi), vivace nei movimenti e intelligente nel rispettare la matrice fiabesca dell'opera «semiseria». Spettacolo sempre coinvolgente, soprattutto quando immette i cantanti in platea con scale mobili, passerella, inferriate, sortite inattese.

Con rispetto per gli incassi di botteghino che consente l'Adriatic Arena (i quattro turni del trittico operistico di quest'anno hanno totalizzato quasi sedicimila spettatori per un milione d'incasso), come si sente (e si gusta) lo spettacolo al Teatro Rossini, «non di meglio non si dà».

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