Cultura e Spettacoli

A Chicago l'altra pop art Più politica, più arrabbiata

Tre mostre celebrano il lato inquieto e provocatorio (che esplose nell'Illinois) del celebre movimento

A Chicago l'altra pop art Più politica, più arrabbiata

Dagli anni Cinquanta il centro gravitazionale dell'arte si sposta dall'Europa all'America, e New York ne diventa la nuova capitale. Quando si parla del Nuovo Continente, però, non possiamo limitare il campo di osservazione a ciò che è accaduto a Manhattan; e se molto sappiamo della West Coast californiana, altre città restano ancora universi poco conosciuti, dunque da esplorare.

Per tale ragione le mostre, tre tappe di un unico progetto, che aprono oggi alla Fondazione Prada di Milano costituiscono un'occasione imperdibile per capirne di più su Chicago, la capitale dell'Illinois che tra 1965 e 1975, nel periodo d'oro della Pop Art, ne proponeva una visione più cattiva, politicamente impegnata, trasversale nell'inglobare linguaggi popolari come l'illustrazione e il fumetto.

Un percorso davvero molto interessante, curato da Germano Celant, che si dipana nelle personali di Leon Golub, H.C. Westermann e nella collettiva Famous Artists from Chicago. I protagonisti di tale vicenda si ribellano alle regole imposte dalla storia, cresciuti in quella scena alternativa e underground sviluppatasi all'interno di scuole e accademie.

Pittore e fotografo, Leon Golub (1922-2004) è forse meno celebre della moglie Nancy Spero che viene considerata un personaggio chiave dell'arte femminista. I suoi lavori, di considerevoli dimensioni, prendono di mira questioni sociali calde, come la guerra, il razzismo e la violenza. Ispirandosi alla pittura classica, con riferimenti che vanno da El Greco a Goya, Golub dimostra che anche la figurazione, in un tempo già dominato dal minimalismo e dal concettuale, può sviluppare la necessità di ribellarsi pur mantenendo un linguaggio classico.

H.C. Westermann (1922-1981), nato a Los Angeles, ha vissuto l'esperienza nei Marines in Corea; diventato artista, lavora su sculture di piccole dimensioni dal gusto surreale - evidente il richiamo alle «scatole» di Joseph Cornell - realizzate con legni poveri e materiali di recupero. Comico, caustico, imprevedibile, anticipa di alcuni decenni quel gusto contemporaneo che poi ritroviamo negli anni '80 con Steinbach e Koons.

In quanto ai pittori della Chicago Imagist, è subito evidente il richiamo al mondo della musica jazz e rock fin dalla necessità di costituirsi in gruppi aperti e mutevoli: il più famoso prende il nome di Hairy Who e sviluppa una vera e propria estetica nell'allestire le mostre su tappezzerie kitsch e ironiche, proprio a differenziarsi dal gusto dominante. Sono pittori conosciuti soprattutto dagli specialisti - Ed Paschke è il più famoso, tra gli altri Roger Brown, Ed Flood, Christina Ramberg e Suellen Rocca - ancorati alle matrici del Surrealismo e dell'Art Brut. Grottesca, cinica e disincantata, la loro figurazione è considerata troppo «europea» e disturbante rispetto al modello newyorkese. Chicago, peraltro, tra le città di riferimento del modernismo architettonico, non si era ancora proposta come un luogo particolarmente ricettivo all'arte, ma negli anni Cinquanta i Monster Roster si contrappongono all'astrazione della New York School. Il recupero dell'Espressionismo e dell'Art Brut è ideale per parlare del disgusto della realtà, con una critica così violenta che non si trova neppure in Europa. Rispetto alla Pop Art, inoltre, manca l'utilizzo un po' consolatorio del fumetto o della comunicazione di massa: i nuovi media vengono completamente trasformati, sovvertiti, esaltati negli elementi più perversi.

Ed Paschke, per esempio, trae ispirazione alla mostruosità dei freaks da circo, trasfigurando la tradizione popolare della Folk Art che nell'800 fu l'unica espressione figurativa autenticamente americana. Altri di loro militano nei giornali e nelle fanzine alternative, come Underground Comix, palestra di libertà espressiva senza censura dove possono disegnare immagini anche violente e sessualmente esplicite.

Per chi considera la Pop Art come un periodo pacificato e ottimista, la pittura di Chicago rivelerà un profondo contraltare di provocazioni e disagi.

Corretto, quindi, considerare questi artisti come i precursori della Street Art sviluppatasi negli anni Ottanta e di quelle forme ribelli sorte nelle periferie e nei ghetti come antidoto colorato al male di vivere.

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