Cultura e Spettacoli

Cloni, Dna e violenza ecco la ricetta per una serie di culto

Arriva in Italia la fiction fantascientifica che si regge sul trasformismo di Tatiana Maslany: "Ho dovuto scindermi in cinque personaggi"

Cloni, Dna e violenza ecco la ricetta per una serie di culto

Sarah (Tatiana Maslany) è orfana, ma non è sola. Scopre di essere piena di sorelle, anzi di cloni. Tutte identiche. E al tempo stesso tutte diverse, e dannate.
Orphan Black, la nuova seria della BBC America, già culto in giro per il mondo (ma in Italia inizia oggi su Premium Action), gioca sulla possibilità di brevettare il DNA umano e i rischi della clonazione. La prima stagione (iniziata in Usa l'aprile scorso) ha fatto rapidamente centro col grande pubblico, il classico successo venuto dal nulla. La seconda stagione, adesso al via in Usa e in numerosi altri Paesi, era attesa con frenesia e ora è seguita “messianicamente” da quello che si è auto-nominato, sulla Rete, «The Clone Club».
L'inizio: la black-block Sarah, un giorno di ordinario stravolgimento (siamo forse a Toronto in Canada - dove la serie viene girata - ma la metropoli non è mai identificata nella serie), approdata sulla banchina di una stazione ferroviaria, si ritrova faccia a faccia con un'elegante signora che le assomiglia incredibilmente. La signora è chiaramente in gramaglie. Appena il tempo di guardarsi negli occhi e la donna si getta sotto il treno in arrivo. Sarah, che ha grossi guai con dei trafficanti di droga, ne approfitta e assume, senza che nessuno se ne accorga, l'identità della suicida. Non sa ancora che la sua nuova identità invece che recarle beneficio altro non fa che scaraventarla in un vero e proprio incubo. Sarah scopre presto di essere solo un clone. Esistono tante lei, e per di più tutte nei pasticci sino al collo.
Il meglio della serie, creata da John Fawcett e Graeme Manson, è proprio la Maslany, 29 anni, attrice canadese proveniente dal teatro e piccole parti al cinema, che recita ogni singolo ruolo clonato con ammirevole aplomb e virtuosismo. Un nome da tenere in mente. Tatiana Maslany è capace di passare dall interpretazione della ex tossica gotica a quella della squadratissima soccer mom, dalla nerd alla glaciale executive, alla psicotica killer con capelli alla Shakira, il tutto con una disinvoltura pazzesca. E spesso è nella stessa scena con una o più se stesse, con perfetto sincronismo e credibilità. Suo migliore amico, nonchè fratello adottivo, Felix (Jordan Gavaris), è un gay molto gay, spesso con le chiappe di fuori nelle sue mise sado-maso (anche la Maslany si mostra spesso nuda, soprattutto il lato B): spetta a lui fornire di tanto in tanto il sollievo comico a una serie altrimenti estrememente dark.
Uno dei fan e sedicente membro del «Clone Club» è niente di meno che Stephen King. «Orphan Black è uno dei migliori thriller fantascientifici in TV da molti anni a questa parte», ha scritto King sulla sua rubrica «The Pop of King» su Entertainment Weekly. «È una delle serie meglio recitate, grazie al geniale talento di Tatiana Maslany, mai sentita prima, eppure sicura star a venire. Tutto il peso della fabula ricade su di lei e la sua camaleontica capacità nel convincerci di essere diversi personaggi». Racconta la Maslany: «All'audizione ho dovuto passare da un personaggio all'altro usando solo un paio d'occhiali o un rapido cambio di maglione, niente di più. Ero terrorizzata, a tal punto da fregarmene di risultare ridicola, e mi è andata bene. Credevo che Allison, la soccer mom, fosse la parte più difficile, perché così lontana da me, e invece è finita per diventare il mio pezzo forte».
Le attrici e attori in genere si lamentano che la mole di lavoro in una serie tv è massacrante; cosa dovrebbe allora dire la Maslany che fa tutto moltiplicato per cinque? (tanti sono i personaggi recitati in ogni singolo episodio). «In effetti nel corso della prima stagione ho lavorato talmente tanto, e con tale intensità e concentrazione, che mi sembra di essere stata una sonnambula per otto mesi. Non ricordo quasi nulla», dice la bella Maslany che grazie al suo aspetto fisico “ambiguo” può passare benissimo per bianca, nera, latina, italiana, russa e così via. Un viso multietnico che, oltre alla sua bravura, l'ha aiutata ad aggiudicarsi questa ambita e delicata parte. Continua l'attrice: «La seconda stagione è più facile per me, perché la storia ha attecchito col pubblico e abbiamo provato che io, in vari ruoli, risulto credibile. L'angoscia iniziale è svanita durante il cammino e adesso faccio tutto con impegno ma anche con più leggerezza e disinvoltura».
Il segreto del successo della serie? chiediamo al co-autore Graeme Manson. «Credo sia il fatto che una sola donna riesca a rappresentare variazioni archetipe di tante donne», risponde. «E che su un impianto futuristico e fantascientifico, tipico di ogni fiction sulla clonazione, e aldilà della speculazione scientifica e dei quesiti morali, la nostra serie fornisca suspence creando qualcosa di simile a una dipendenza.

Quella che resta sempre al centro è la questione riassunta nella domanda: chi siamo davvero noi? Qual è la nostra identità?».

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